fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

giovedì 22 ottobre 2015

E' possibile avere una società libera e insieme consapevole?


La modernità rappresenta il matrimonio fra liberismo e consumismo: l’imprenditore saccheggia il mondo per foraggiare la massa consumatrice.
Questa sciagurata unione ci ha però regalato anche qualcosa: la modernità libera l’individuo dalle vecchie strutture famigliari e tradizionali, la piena cittadinanza è il portato positivo dei regimi democratici.
Purtroppo quest’individuo è stato liberato in pessime condizioni di salute, in condizioni cioè di individualismo, castrato sotto il profilo sociale, empaticamente deprivato, tendente all’autolesionismo, all’autismo e, soprattutto, alla bulimia consumistica compensatoria di tale stato alienato.
Due secoli di sforzi democratici hanno quindi corrisposto al rapido sviluppo dell’industrializzazione e all’improvvisa fiammata di buona parte del carbonio fossile dell’intero pianeta.
Ora, di liberismo abbiamo già parlato: le scelte dell’imprenditore non possono essere considerate scelte personali, perché hanno ricadute per tutti e dunque, per questo, pubblicamente vanno valutate. Libera impresa allora, ma nei vincoli dell’interesse collettivo, esplicitando a bilancio i costi sanitari ed ambientali e sottostando ad una magari anche forte tassazione compensativa sui consumi (oggi tassiamo il lavoro!).
Qui mi interessa invece considerare la posizione del consumatore, perché è sua la scelta, questa prettamente individuale (nei costi come negli effetti, almeno in prima battuta), che va a comporre i comportamenti di massa che ci stanno inquinando. Perché, se diamo per acquisita la libertà di ciascun adulto di fare le sue scelte, giuste o sbagliate che siano, allora dobbiamo riconoscere a quelle scelte l’importanza di un voto alle urne: gli italiani continueranno a consumare cosa e quanto hanno democraticamente scelto di consumare!
E allora, davvero non saremo in grado di cambiare nulla neanche di fronte alla malattia conclamata?
Probabilmente i costi crescenti di una crisi variamente coniugata – climatica, economica, sanitaria, sociale - potrebbero costringerci a fare con tutto come con le sigarette - IL FUMO UCCIDE - ricordare cioè, nero su bianco, la necessità di una valutazione dei rischi.
Vinta una per una ogni resistenza di categoria, le confezioni dei prodotti si copriranno di avvertenze: etichette sui rischi sanitari del vino, del latte, del caffè; di alcuni prodotti magari si impedirà del tutto la commercializzazione (lo zucchero non ha nessuna giustificazione ed è un disastro dal punto di vista delle spese mediche correlate, tra cure dentistiche e diabete invalidante), mentre di altre si consiglierà un uso ragionevole (l’olio di oliva di per sé è un ottimo prodotto che, se ne usate solo una bottiglia all’anno, diventa anche economico).
Non penso però che servirà un gran che, le informazioni sono tutte disponibili da tempo ed oggi, con internet, tutti possono trovarle. Penso semplicemente che quella consumistica sia già una scelta, a suo modo, consapevole ed orientata. Orientata purtroppo nel verso di una libertà individualistica, astratta, non coniugata in alcunché. Una libertà da e non una libertà di o per fare qualcosa in positivo.
Questa libertà è probabilmente ciò che tanti migranti dall’Africa islamica vengono a cercare in Europa ed apprezzano. Quando però i loro figli trovano il nulla, nei centri commerciali e nelle periferie consumistiche delle nostre città, molti provano a difendersi ripescando il fondamentalismo della vecchia religione, con tutto l’odio e la violenza che autorizza. Paradossale e grottesco il risultato: il suicidio del martire al supermercato, in mezzo alla folla dei consumatori autolesionisti che stanno coltivando il loro personale cancro con il carrello della spesa!
E’ ambigua allora, questa libertà scoperta dall’occidente: ne siamo andati fieri come fosse la prova di un inevitabile progresso della storia, quando invece e banalmente ha rappresentato solo il cedimento di precedenti rigidezze, la libertà come condizione indispensabile all’economia di mercato.

Ne siamo però l’avanguardia: questa “libertà da convalescenti”, ancora fragile e incerta, è stata pagata a caro prezzo con i nostri corpi e con l’ambiente di tutti, e questo ci apre la prospettiva e insieme la responsabilità di usarla per cercare altre strade.

mercoledì 9 settembre 2015

L'impotenza non si nasconde più dietro la religione


La morale sessuale cattolica ha sempre rappresentato un fattore di sovraccarico della sessualità, uno stimolo artificiale che ha nascosto il reale fenomeno in atto: le popolazioni che si modernizzano… perdono la voglia di scopare!

Peace & Love e gli anni ’70 hanno davvero rappresentato una liberazione - la liberazione dalla sessualità – ed oggi qualcuno comincia a rivendicare anche quel punto di vista.



mercoledì 26 agosto 2015

La società delle donne è finita nel bordello


L’uomo, allevato in maniera desocializzante, individualisticamente trova applicazione nel matrimonio. Nella coppia etero si trovano dunque abbinate una fisiologia maschile, per cui il desiderio può essere il frutto quotidiano di una giornata di sano attivismo, ed una femminile che invece segue il ritmo del suo ciclo di fertilità.
Risultato? Lui ha voglia di scopare tutti i giorni, lei una sola volta al mese… mettiamo pure una settimana al mese, comunque sempre solo una volta su quattro: i conti non tornano, o meglio, il conto della “serenità” famigliare torna solo se inseriamo un fattore compensatorio prostitutivo!
Vediamo ora il femminile. Nella famiglia allargata le donne erano costrette a prendere posizione in una gerarchia di suocera figlie nuore: una donna uscita dalla vita riproduttiva che raccoglie un gruppo di donne giovani e ne gestisce la fertilità. Questa però, che potrebbe essere una buona definizione astratta di gerarchia femminile, è anche il preciso organigramma di un qualunque bordello!



Proviamo invece ad immaginare che il lavoro del gruppo di donne fosse coltivarsi l’orto e lavare i panni dei lattanti, e che solo una volta al mese queste femmine si fossero interessate all’esterno per il sesso, ecco questa potrebbe tornare a darci un’immagine positiva della società delle donne.

Devo poter immaginare che una donna veramente in salute potrebbe trovare interessante e corrispondente ai suoi bisogni il riferimento ad una donna più anziana e la sicurezza dell’inserimento in una gerarchia femminile.

lunedì 3 agosto 2015

Economia della contraddizione


Bandiera dell’individuo,
il liberismo in realtà, con la sua offerta di prodotti di consumo,
svilisce l’attitudine a fare da sé e, soprattutto,

ignora che se ne possa trovare soddisfazione!


domenica 19 luglio 2015

... il fondo del barattolo!


“Io credo che non si rispettino abbastanza le vecchie puttane, invece di perseguitarle quando sono giovani. Io se fossi in grado mi occuperei unicamente delle vecchie puttane perché le giovani hanno dei prossineti ma le vecchie non hanno nessuno. Prenderei solamente quelle che sono vecchie, racchie e non servono più a niente, sarei il loro prossineta, mi occuperei di loro e farei regnare la giustizia. Sarei il più grande poliziotto e prossineta del mondo e con me nessuno vedrebbe mai più una vecchia puttana abbandonata piangere al sesto piano senza ascensore.”

“Il mio paese doveva essere qualcosa come l’Algeria o il Marocco, anche se io non figuravo da nessuna parte dal punto di vista documentario, Madame Rosa ne era sicura, non era per suo piacere che mi tirava su da arabo. Diceva anche che per lei queste cose non contano, siamo tutti uguali quando siamo nella merda, e se gli ebrei e gli arabi si spaccano la faccia è perché non bisogna credere che gli ebrei e gli arabi sono diversi dagli altri, è proprio la fraternità che fa fare così, eccetto forse per i tedeschi dove c’è dell’altro.”

“A discolpa di Madame Rosa come ebrea posso dire che era una santa donna. Certo, ci dava sempre da mangiare le cose che costavano di meno e col ramadan me ne faceva vedere di tutti i colori. Venti giorni senza mangiare, pensate, per lei era la manna dal cielo e aveva un’aria di trionfo quando arrivava il ramadan e io non avevo più diritto al gefilte fish che preparava lei stessa. Quella bastarda rispettava la credenza degli altri, ma io l’ho vista mangiare del prosciutto. Quando le dicevo che al prosciutto non aveva diritto, si faceva una risata e tutto finiva lì. Non potevo impedirle di averla vinta quando c’era il ramadan ed ero costretto a rubare dai banchi del droghiere nei quartieri dove non mi conoscevano come arabo…”

Romain Gary, “La vita davanti a sé”, Neri Pozza ed.



sabato 4 luglio 2015

Per un desiderio sostenibile

Dopo un po' di pausa estiva voglio tornare al nostro tema conduttore. Vediamo di riassumere.
Il mondo va a rotoli perché l’umano ha trovato comodo vivere fottendo: le risorse il territorio gli altri e, in ultima istanza, se stesso. La religione non può risolvere il problema del fottere perché, con lo strumento della morale, è costretta ad affermare che il fottere è male e, di conseguenza, in un’iperbole insostenibile, male risulta dunque il corpo, il desiderio, la riproduzione della specie… la vita! In deroga a questo, per gentile concessione, le forme istituzionalizzate di matrimonio famiglia e conseguente miseria sociale. Ma il ’68 e la liberazione sessuale ci sono già stati, mi direte voi, sì ma in senso solo critico e non costruttivo perché la sessualità individualista, liberata dai vincoli e dalle rigidezze sociali, è diventata oggetto di consumo e non ha costruito legami sociali di alcun genere.
Ripetiamo allora che, secondo noi, il problema non è il fottere, che di per sé stesso è un sanissimo desiderio ed intimo segno di salute, ma le sue mille forme distorte frutto della pedagogia edipica familista.
Realismo e laicità dovrebbero allora risultare battaglie non solo doverose, ma anche molto interessanti,  nell’aspettativa di una riscoperta della propria complessità.
Conclusioni?

Sì, penso proprio che il pianeta e tutti gli esseri che ci vivono sopra sarebbero contenti che i nostri orgasmi tornassero ad esprimere salute e voglia di vivere piuttosto che rabbia e frustrazione!

sabato 6 giugno 2015

Granivori!



The role of starchy plants in early hominin diets and when the culinary processing of starches began have been difficult to track archaeologically. Seed collecting is conventionally perceived to have been an irrelevant activity among the Pleistocene foragers of southern Africa, on the grounds of both technological difficulty in the processing of grains and the belief that roots, fruits, and nuts, not cereals, were the basis for subsistence for the past 100,000 years and further back in time. A large assemblage of starch granules has been retrieved from the surfaces of Middle Stone Age stone tools from Mozambique, showing that early Homo sapiens relied on grass seeds starting at least 105,000 years ago, including those of sorghum grasses.

http://www.sciencemag.org/content/326/5960/1680.full

Una ricerca pubblicata su Science 18 dicembre 2009

domenica 17 maggio 2015

Potere femminile


Quando non c’è alcuna missione da compiere il potere maschile si svuota, diventa inconsistente,
il potere femminile invece è congenito, si esercita sempre… anche se non serve a niente.
Il potere è questione di donne,

riportatevelo a casa!

mercoledì 6 maggio 2015

Sistema sanitario nazionale


Ho lavorato qualche anno nell'assistenza domiciliare, accompagnavo gli anziani del quartiere anche nelle loro visite mediche e, tra farmacie, ricoveri e ambulatori, alla fine avevo l'impressione di seguire una grande liturgia, oggi tizio iniziava la sua via crucis (quale che fosse la malattia, mettiamo il diabete) ed io conoscevo già l'iter, medico, specialista, gli esami, l'insulina, avevo in mente altri in altri punti del percorso, le gambe gonfie, la perdita della vista, il peggioramento che sarebbe venuto... Sembrava un contagio di fronte al quale tutti reagivano in solitudine. Nessun vecchietto avvertiva gli altri del condominio, "attento a cosa mangi, guarda cosa sto diventando io!", ma ciascuno partiva per il suo pellegrinaggio personale quasi con un senso di importanza, finalmente questo mi riguarda, ora è il mio turno, ora sono io al centro della scena...
Altro dato. Sento alla radio i risultati di una ricerca: le regioni sicilia e puglia vincono su tutte per il numero di parti cesarei, in tre parti su quattro interviene il chirurgo! Evidentemente al sistema sanitario nazionale pervengono delle richieste che non sono prettamente sanitarie, ma riguardano dati culturali quali un certo approccio alla malattia o, come in questo caso, la ricerca di comodità di un certo assetto del femminile.

Nell'organizzare la sanità, quella tra pubblico e privato non può essere considerata un'alternativa.
Certo gli sprechi non fanno bene a nessuno e l'efficienza è sempre un obiettivo onorevole, ma il dibattito in corso (la voglia di privatizzare proprio quando in America Obama sta cominciando a ripensare al pubblico!) ha solo l'effetto di nascondere la vera questione: la sanità non deve limitarsi ad evitare gli sprechi, ma deve dimostrarsi realmente produttiva di qualcosa!
Qual'è il prodotto? La salute, certo, ma quale? Quella di qualcuno che esce dall'ospedale "sanificato" ma del tutto inconsapevole di quanto accaduto e, soprattutto, incapace di evitarlo una prossima volta? Questo è quanto cerchiamo, con difficoltà, di garantirci oggi.
Ma la salute non è soltanto l'essere sani adesso, è qualcosa di più. Salute è la capacità di tenersi sani anche domani e dopodomani, salute è la capacità di allevare nuove generazioni vitali, efficienti nel corpo e consapevoli di sé e dei propri limiti. E la differenza non è da poco.
La medicina preventiva e l'educazione sanitaria sono oggi giusto un contorno, dovrebbero essere invece lo strumento principale per produrre una popolazione sana, cioè capace di tenersi in salute autonomamente. L'efficacia, la produttività di questa politica sarebbe subito evidente a tutti nel drastico ridursi del bisogno di ospedali, medicine, interventi invasivi e relativi costi.
Purtroppo la questione non è così semplice perché non è solo un problema di bilancio ma quello, molto più serio, di un "cambio di paradigma", di una rivoluzione nell'orizzonte culturale e complessivo di un'intera civiltà.
Purtroppo ma non a caso proprio sul nodo della malattia e della sofferenza, si gioca l'alternativa crudele tra una reale pratica medica ed una pratica religiosa. Perché religiosa e scaramantica risulta nei fatti l'attenzione medica limitata all'immanenza del dolore personale (in un orizzonte mentale dove le nostre vite sono affidate a dio o al caso), mentre una pratica medica onesta, nella prevenzione e nell'educazione per il futuro potrebbe addirittura riconoscersi un aspetto di trascendenza.
In sostanza tra sanità pubblica e privata non si gioca alcuna reale alternativa.

La medicina più efficace oggi può solo essere quella che ne farà diminuire il bisogno domani.

lunedì 4 maggio 2015

Storia della "donna" perduta


“… basta, ma’, è inutile, non posso più stare con Pietro, voglio bene a un altro. Fu un errore. La conoscevo, aspettava solo una piccola provocazione. La sua litania s’interruppe, le cose cambiarono in un lampo. Mi colpì con uno schiaffo violentissimo urlando a raffica: zitta, zoccola, zitta, zitta, zitta…”



Se un maschio diventa un uomo adulto quando arriva a riconciliarsi col padre, alla pari con gli altri maschi, nella società degli uomini, al femminile mi sembra diverso.
Il femminile può divenire adulto solo nel riconoscere l’autorità della madre, questa le permette una qualche forma di strutturazione, altrimenti è una mina vagante!

La Ferrante, così come il suo personaggio alter ego e molte donne contemporanee, davvero hanno creduto di intravvedere il loro essere donna… quando invece sono solo riuscite a fare quelle mine vaganti.

domenica 19 aprile 2015

Chi zappa non migra

Di solito chi zappa non "migra". Chi è povero scappa da un contesto e da una cultura che lo stanno fottendo, mentre chi è ricco parte alla conquista di nuove ricchezze.
Spesso però, chi scappa da un posto asfissiante è anche molto debole e trova necessario riassociarsi al gruppo di origine per affrontare il nuovo contesto.

Ecco dunque popolo ed élite ricongiungersi in terra straniera e formare una nuova comunità: che al suo interno svilupperà le stesse dinamiche e le tensioni da cui si fuggiva, ma che all’esterno sarà capace dello stesso imperialismo, promuovendone la diffusione.

domenica 12 aprile 2015

I migranti islamici e la conversione al consumismo come religione della modernità

Quando un migrante islamico arriva in Europa può fare una certa esperienza della libertà, la libertà per come la intende l’occidente, cioè libertà di consumo. Purtroppo questa pratica comporta un danno ambientale che risulta non più sostenibile e che chiede, urgentemente, di cercare delle alternative.
Questa libertà comporta anche, almeno nella nostra esperienza, un certo grado di alienazione cui parte di loro risponde rifugiandosi nel fondamentalismo d’origine.
Ora, il sistema socioeconomico occidentale – democrazia ed economia di mercato – si basa sul fatto che la maggior parte della popolazione assume una posizione laica piuttosto che fondamentalista (uno prima si considera cittadino del suo stato e poi, solo dopo, seguace della sua religione o delle sue convinzioni), questo è un requisito cui difficilmente si può rinunciare senza far venir meno le condizioni per quella stessa libertà che sono venuti cercando.
Inoltre, se guardiamo con attenzione lo stile di vita della modernità, dai più è vissuto in maniera omologante ed acritica cioè, sostanzialmente: il consumismo rappresenta la pratica religiosa reale ed universalizzante dell’occidente, anche senza bisogno di un clero o di una teologia esplicita.
Dunque il richiamo che i fondamentalisti fanno al loro popolo in migrazione è, in effetti, corretto: attenti, immagino dicano tutti, attenti che lo stile di vita degli infedeli vi porterà fuori della grazia di dio. Ed è vero, la tentazione dell’occidente rappresenta davvero la possibilità di convertirsi ad un’altra religione, e non quella cristiana ma quella della modernità consumista, e semplicemente, attraverso l’inaspettata ritualità di uno stile di vita.
I nostri fondamentalisti vorrebbero quest’occidente ancora cristiano, ma non è vero, non è più vero. I progressisti dovrebbero dire che ormai siamo un paese compiutamente laico, ma neanche questo è vero perché, in realtà, siamo già pienamente assorbiti nella dimensione religiosa della modernità.
L’opportunità della cittadinanza in un paese democratico sembra allora offerta al prezzo dell’adesione alla religione del consumo. E’ vero, ma non è obbligatorio, non è ancora religione di stato! Il supermercato è comodo ma costa, il supermercato fa ammalare e prima ancora annoia e sono in molti, oggi, quelli che cominciano a cercare delle alternative più salutari e più interessanti!
L’Italia era ancora contadina nella prima metà del novecento, poi è stata operaia in fabbrica, e poi solo più genericamente “impiegata” nel settore terziario. Che vuol dire? Servizi, logistica, commercio, tecnici specializzati, assistenza, istituzioni… Riassumendo vuol dire che compriamo le merci, le spostiamo, le consumiamo… e ci facciamo assistere! Chi produce? Boh, forse è anche per questo che siamo in crisi.
Un ciclo per noi è finito. Abbiamo colonizzato e rubato risorse, poi abbiamo trasformato il bottino nei beni che volevamo consumare e poi ce li siamo spartiti… fino all’ultima briciola! Oggi l’Italia non è più il paese del boom economico, delle industrie e del posto fisso, gli stipendi sono finiti e restano solo le ultime pensioni dei vecchi, ma da spartire con le badanti.
Oggi l’Italia è il paese del disastro, sociale e ambientale. Oggi l’Italia è un paese che deve ricominciare a considerarsi povero e che ha urgenza di ricostruire tutto: ritrovare una sua autonomia produttiva agricola, immaginare una gestione del territorio un po’ più lungimirante che in passato e, condizione essenziale, tessere una nuova rete sociale capace di fare tutto ciò.

Accomodatevi, in questo senso c’è un sacco di lavoro per tutti, oriundi e migranti!

mercoledì 1 aprile 2015

Gli interpreti dei sogni



<< Disse che si sarebbe messo al servizio del capitalismo (un sarcasmo, o forse la chiamano ironia). La cosa non lo sorprese. Perché Elias non dubitava che Johan Corneliussen fosse ancora marxista, e che cosa avrebbe dovuto farsene? Possedeva in effetti una conoscenza unica, il marxismo, che gli forniva una capacità superiore di interpretare i sogni della gente, visto che, in fin dei conti, per ora stanno tutti dove stanno, cioè in questa società. Solo mettendosi al servizio del capitalismo poteva realizzare quelle sue doti, perché il capitalismo è in fondo l’unico capace di mettere a frutto quei sogni e, soprattutto, di adoperare gli interpreti dei sogni. >>

Dag Solstad, Timidezza e dignità, 1994

mercoledì 25 marzo 2015

Proibizionismo


Criminalizzare sesso e droga è solo una strategia di marketing: l'economia di mercato sottolinea gli estremi del desiderabile per evidenziare l'intero catalogo dei prodotti di consumo.

Altra spiegazione potrebbe essere che, della triade sesso-droga-rockandroll, il rock è l'unico che non rischia di sfuggire al businnes, dipendendo elettricamente dal sistema.

mercoledì 4 marzo 2015

Torniamo a scuola


Quando un adulto non sa coltivarsi l’orto e non sa fare a meno del posto fisso e del supermercato, allora la pedagogia ha da cambiare. A scuola devono tornare gli adulti, a discutere di come si sta al mondo, cosa bisogna mangiare per tenersi in salute, cosa vogliamo coltivare e produrre.

Sono gli adulti che devono decidere quale storia e quale scienza insegnare ai loro figli. Sono gli adulti a decidere il grado di sincerità che possono permettersi, e che segnerà l’esperienza della prossima generazione.

mercoledì 25 febbraio 2015

Eraclito: Il mondo è uno, dialettico, dinamico... e incomprensibile per l'uomo civile!


La realtà è unitaria:
Fr.50 “Ascoltando non me, ma il logos, è saggio convenire che tutto è uno.”

dialettica e dinamica:
Fr.67: “Il dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame, e muta come <il
fuoco>, quando si mescola ai profumi e prende nome dall’aroma di ognuno di essi.”
Fr.80 “Bisogna però sapere che la guerra è comune (a tutte le cose), che la giustizia è
contesa e che tutto accade secondo contesa e necessità.”

e ciclica:
Fr.103 “Comune infatti e il principio e la fine nella circonferenza del cerchio.”

Consapevole del limite imprescindibile che quell’uno rappresenta per chi ci vive dentro, come origine del cosmo, come biogenesi:
Fr.18 “Se non spera, non troverà l’insperabile, perché è introvabile e inaccessibile.”

O di difficile comprensione, come alcune ipotesi cosmogoniche presentate dalla fisica moderna: l’armonia di un campo primario che porta in sé la tentazione a rompersi, la “rottura spontanea della simmetria”, e ad aprirsi nella realtà.
Fr.51 “Non comprendono come, pur discordando in se stesso, è concorde: armonia
contrastante, come quella dell’arco e della lira.”

Consapevole del gioco della relatività tra spazio e tempo:
Fr.52 “Il tempo è un fanciullo che gioca spostando i dadi: il regno di un fanciullo.”

Consapevole del verso antientropico degli esseri viventi:
Fr.115: “È proprio dell’anima un logos che accresce se stesso.”




Questa è la ragionevole cosmologia ancora immaginabile ai tempi di Eraclito, intuitiva, naturalistica. Poi basta, Platone sottrae l’anima alla gretta realtà materiale, e quelli dello spirito diventeranno proprio i discorsi che Eraclito cominciava a lamentare nei suoi contemporanei, retorici, ideologici, opportunisti:
Fr.2 “Bisogna dunque seguire ciò che è comune. Ma pur essendo questo logos comune,
la maggior parte degli uomini vivono come se avessero una loro propria e particolare
saggezza”.

Così facendo l’umano vorrebbe dimenticare una realtà cui però non può sottrarsi:
Fr.16 “Come potrebbe uno nascondersi a ciò che non tramonta mai?”

Risultato, l’alienazione che accompagna il corso di ogni grande civiltà e la storia delle sue ideologie:
Fr.70: “Da questo logos, con il quale soprattutto continuamente sono in rapporto e che
governa tutte le cose, essi discordano e le cose in cui ogni giorno si imbattono essi le
considerano estranee”.


mercoledì 4 febbraio 2015

La cosmologia non è poi così importante


Gli egizi costruivano enormi piramidi, noi il CERN. La ricerca del senso della vita può rivelarsi anche molto costosa! Il bisogno di vestire un’ipotesi cosmologica è molto forte ed accomuna cose molto diverse tra loro. Sotto questo punto di vista il fisico nucleare ed il terrorista islamico sono equivalenti: entrambi cercano di imporre la loro ipotesi cosmologica, anche se l’uno con l’evidenza empirica della prova sperimentale e l’altro, tragicamente, con le bombe.
Ma la cosmologia non è poi così importante. Ad orientare i nostri passi, a pensarci bene, è sufficiente il modesto obiettivo della sopravvivenza: respirare, bere, mangiare, tenersi in salute e coltivare la complessità della specie.




La fisica classica ci qualifica come sistemi antientropici (nell’universo l’energia si disperde, il bioma invece la raccoglie e l’organizza). La relatività ci avverte che lo spazio-tempo euclideo, squadrato e rassicurante che conosciamo… è solo l’esperienza limitata del nostro ordine di grandezza. La meccanica quantistica, infine, ci ricorda che la materialità è pura apparenza, il frutto del gioco dialettico di punti senza dimensione. Tutti questi dati non cambiano il verso biofilo che abbiamo da imprimere alle nostre esistenze, lo confermano piuttosto, lo contestualizzano, lo arricchiscono di un dato cognitivo interessante ma non fondamentale ai fini del nostro inserimento ecologico nell’ambiente.
Anche per quel che riguarda le religioni tradizionali (quelle con un Dio creatore per intenderci) il discorso è analogo. Non abbiamo bisogno di un codice morale a dirci che è bene vivere, possiamo arrivarci da soli! Il problema si pone quando, di astrazione in astrazione, gli articoli di quel codice arrivano ad interferire con ciò che avrebbero dovuto invece solo interpretare, cioè con i nostri bisogni ed i nostri desideri.

Storicamente, la ricerca cosmologica segnala non la nascita di un particolare interesse per le grandi strutture dell’universo, ma l’alienazione, la debolezza di non capire più il senso di un’esistenza o la forma di un corpo nelle economie più larghe di un sistema complesso. 

venerdì 23 gennaio 2015

Pesto di rucola



Cari lettori, su internet ho trovato parecchie ricette di sugo alla rucola (qui vi presento la mia alternativa salutista), comunque la questione principale è ricordare che il basilico è cancerogeno e quindi il suo uso intensivo e concentrato nel pesto alla genovese immagino risulti particolarmente pericoloso: un perfetto esempio di come convenga sempre considerare "l'effetto che fa" prima del gusto!

100gr di rucola fresca tagliata
100gr di tofu 
10 noci
1 cucchiaio d'olio d'oliva
il succo di due spicchi d'aglio, un po' di zenzero, sale

frullate il tutto non troppo fine aggiungendo un po' d'acqua e poi addensate con due o tre cucchiai di lievito di birra alimentare.

martedì 13 gennaio 2015

Unitarietà


Nessun linguaggio è così semplice
da non poter contenere
tutti i termini dell’universo

giovedì 1 gennaio 2015

WWOOF e stili di vita


Ho provato a fare una ricerca fra le fattorie aderenti al WWOOF (l’associazione che permette a giovani di tutto il mondo di fare esperienze formative in agricoltura biologica). Grazie al motore di ricerca ho vagliato le schede di presentazione delle cascine ospitanti ed ho selezionato quelle che hanno usato i termini: vegetarian, vegan, macrobiotic, gay. Per fare un confronto ho poi cercato gli stessi dati nell’elenco delle fattorie tedesche.

in Italia: vegetarian 50%, vegan 10%, macrobiotic <1% , gay <1%
in Germania: vegetarian 40%, vegan 5%, macrobiotic 0%, gay 0%




Da questi dati emerge, forse con sorpresa, un’Italia all’avanguardia nella ricerca di una cultura ecologica e salutare. Allo stesso tempo il raffronto fra i diversi criteri alimentari adottati denota la gran fatica a pervenire ad un pieno realismo e ad una sincera valutazione delle proprie produzioni come delle proprie scelte di gusto. Si evidenzia una palese contraddizione: formaggio vino e carne che sembrano essere le possibilità produttive di quest’Italia non più industriale (a conferma l’expo di Milano che si è incentrato sull’alimentazione), sono anche i prodotti che ci riempiono gli ospedali.
I numeri evidenziano un lento percorso di consapevolezza di cui, malgrado tutto, sembriamo essere all’avanguardia, l’Italia potrebbe essere il primo paese europeo in cui può definirsi una valutazione più realistica del fenomeno economico, una valutazione in cui finalmente si tenga conto degli effetti e dei disvalori economici, in cui si potrà cominciare a parlare dei costi sociali relativi alle produzioni.

Quanto alla rarità del termine gay (ed il dato non indica agricoltori omosessuali dichiarati, ma genericamente posti “gay friendly”), sembra dire che il mondo agreste ancora non brilla per sperimentazione sociale. Eppure, se cerco di immaginare le aspettative dei tanti giovani che ho visto passare qui da noi in questi tre anni di attività WWOOF, credo che l’interesse per un dato sociale di maggiore complessità accompagni strettamente la ricerca di ecologia ed autonomia grazie al tramite essenziale della salute.