fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

venerdì 25 luglio 2014

Tempus fugit


Tutte le civiltà sembrano iniziare con un grande lavoro di osservazione astronomica. Cinesi, caldei, indiani, egizi e amerindi: tutti sono stati in grado di identificare le stelle fisse e dunque sfruttare il preciso orientamento geografico che esse permettono.
La stella polare indica il nord e, con buona approssimazione, questo può essere bastato ad orientare il cammino nei tempi lunghi dell'evoluzione degli ominidi.




La volta celeste ruota attorno alle stelle fisse, un po' ogni giorno, ed in un anno completa il giro. Un qualsiasi riferimento naturale - una roccia, un albero, la cima di una montagna - è sufficiente per rilevare quel movimento e permettere, precisamente un anno dopo, di tornare in quello stesso luogo ad apprezzare la conclusione di un ciclo stagionale.
Non serve matematica né telescopio, il raccoglitore guarda il cielo ed ogni sera verifica l'approssimarsi delle stagioni: giorno più o giorno meno, non fa grande differenza.
Le piramidi invece, o le zigurat, i templi atzechi o i menhir, rivelano una specifica osservazione, una capacità di calcolo e previsione che vanno ben oltre l'interesse del raccoglitore. Grandi sforzi per erigere quei monumenti ovviamente, ma anche un "clero" capace di amministrare un calendario astronomico precisissimo, di impressionante precisione se teniamo conto, ad esempio, che un piccolo moto, piccolo ma essenziale nei calcoli, come la precessione degli equinozi rappresenta un ciclo di 25800 anni! A che pro?
Quale utilità pratica poteva avere questa grande attenzione alle stelle? Grande domanda questa, evitata però dagli storici, che sembrano dare per scontata la bontà intrinseca di un progresso storico e dei suoi inizi.
Possiamo provare a rispondere che l'astronomia serviva semplicemente ad autogiustificare il clero e le istituzioni che rappresentava. E questa mi sembra essere la principale ragione pratica a spiegare la nascita di tale disciplina. Ma anche testimonianza di un'attenzione che si sposta dall'interno all'esterno. Dall'interno del cerchio della vita, delle sue forme e ciclicità, all'esterno del contesto cosmico. Dall'autopercezione corporea e dalla profonda comprensione della realtà che ne può derivare, all'osservazione del cielo che, invece, conduce ad una conoscenza astratta e ad una potenza di calcolo da sfruttare tecnologicamente.

Allora se è vero che non c'è civiltà senza calendario, forse, più precisamente, non c'è civiltà senza la perdita, gravissima, della capacità di guardarsi dentro: un tradimento di sé che paghiamo caro e che ci lascia, confusi sotto le stelle, a guardar scorrere via il tempo!

sabato 19 luglio 2014

Grandine

Per dieci anni il nostro orto non ha subito danni da grandine, quest'anno invece siamo alla seconda grandinata, che è stata particolarmente intensa ed ha letteralmente maciullato tutto.
Tutto azzerato? No, qualcosa ha patito molto ma altre cose hanno subito danni tutto sommato relativi. Ad esempio il sedano per la sua struttura verticale regge bene la grandine, mentre le foglie larghe delle melanzane sono risultate essere un bersaglio perfetto.
La cosa interessante è considerare l'influenza del terreno di coltura rispetto alla capacità di ripresa della pianta.
Queste foto mostrano la stessa varietà di pomodori tondi: in serra, dove la grandine non è arrivata; su di una normale proda con un po' di letame; su di una proda alta al primo anno, ottanta centimetri di catasta di tronchi e legno marcescente.





Come potete vedere, a cinque giorni  dalla grandinata, la reazione delle piante è ben diversa. Quella della proda classica è praticamente morta, ha perso foglie e frutti ed ha sviluppato un'accentuata virosi. Quella della proda alta invece, cresciuta vigorosa quasi come quelle in serra, al momento dell'evento era ben più robusta, non ha ancora sviluppato virosi e forse ha qualche probabilità di riprendersi.

lunedì 7 luglio 2014

L'airone in giardino

Aironi, ci è difficile distinguerli, ma pensiamo siano almeno due, novelli. Da diversi anni, a primavera, mamma e papà airone ci lasciano "in custodia" uno o due piccoli.
Dodici anni fa, all'inizio dell'insediamento, il bosco sotto casa era completamente soffocato dai noccioli e la presenza di uccelli attorno a casa era sorprendentemente scarsa, un effetto da "deserto verde": condizioni dei boschi così estreme da ridurre la presenza vitale. La pulizia dei boschi ed il rispetto per gli animali, in una decina d'anni hanno capovolto la situazione. La presenza di molti specchi d'acqua, anche di piccole dimensioni (attualmente ne abbiamo sette!), unito all'inserimento di boschetti di bambù, hanno moltiplicato la presenza di uccelli. Picchi di tutte le razze, cuculi, nidiate di codirossi quasi fin dentro casa (svariate volte abbiamo rimesso nel nido piccoli codirossi caduti dal nido, costruito sul muretto del box delle capre, un posto in cui passavamo tutti i giorni), pettirossi, cinciallegre e tutte le varietà di piccoli uccelli che non conosciamo perché bisogna essere appassionati per conoscerle tutte... ci dimostrano quanto poco tempo è sufficiente per ricostruire una complessità.
Certo, l'airone "non ci serve a niente", anzi ha un pessimo carattere (è già successo che si mettesse a urlare di notte perché disturbato dalla luce accesa in cucina, oppure capita che ci volteggi sopra l'orto sonoramente incazzato della nostra presenza), ma anche lui ha la sua utilità per esempio per ridurre la presenza di roditori. Ovviamente mangia anche le rane, che invece potrebbero esserci utili, e i pesci che potremmo volere per noi ne mangiassimo... ma il discorso è che l'airone, come tutti, fa parte del ciclo e che l'orto, alla fine, è frutto del lavoro collettivo di un bel numero di animali.