fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

venerdì 27 maggio 2022

Costretti a rinascere

La modernità non è solo l'avvento storico di una tecnologia particolarmente invasiva, ma è, molto più gravemente, il cascare nell'autodefinizione modernista. Il fare dell'oggi un "ismo" è il risultato della debolezza e dell'alienazione dell'umano dalla realtà del suo corpo e del pianeta.

Questo, secondo me, ci viene esemplarmente segnalato da un personaggio come Umberto Eco che in un romanzo come "Il pendolo di Foucault" si prende la briga di sfottere chi se la smena ancora coi discorsi sull'Uno.

Ovviamente ha ragione ad irridere il ciarpame raccolto nei secoli dagli esoteristi di tutto il mondo... ma è una critica crudele e ingiusta. Crudele perché vera, e passi, ma ingiusta perché non riconosce la sostanza, e cioè il primo e fondante di quei discorsi: la "verità" della nostra forma, la forma biologica della specie umana ed il modo che abbiamo oggi di intenderla.

Possiamo capire cosa è in gioco se consideriamo che la modernità ha bisogno di, o meglio ancora si genera dal sopprimere il desiderio sociale. Possiamo infatti riconoscere che con l'inizio della modernità si inaugura la dimensione individualistica: l'individuo emancipato è anche tragicamente solo!

Mentre fino ad allora c'era sempre stato un contesto sociale di appartenenza in cui giocare un ruolo, foss'anche quello dell'ultimo sfigato o dello schiavo, con l'avvento della modernità industriale ed urbana l'individuo si trova come nudo in un contesto disumano,  praticamente incarcerato dalle sue stesse istituzioni.

Ecco, questa è la prima delle verità inscritte nella forma della specie umana che la modernità individualista ha bisogno di negare. 

Prima avevi voglia degli altri e con gli altri eri creativo, tanto magari da organizzarti per fare assieme delle cose più grandi di quelle che può fare uno da solo.

Ti inventi così delle istituzioni che all'inizio vanno bene, sono solo degli strumenti per fare qualcosa di più con la forza della collettività.

Poi ti abitui a dipendere dal servizio che quelle istituzioni ti offrono e ti trovi irreggimentato in esse. E' vero, sei un po' meno libero... ma ci stai ancora perché, tutto sommato ti riconosci ancora socievole.

La modernità comincia invece quando nasci in quel contesto, ma ulteriormente indebolito, e cioè senza più desiderio sociale: è a quel punto che ti trovi ridotto ad una povera bestiola deprivata, desocializzata e rinchiusa in una gabbietta dalla quale, se uscisse, morirebbe... e "lo sa" e questa è la sua "viltà inconscia" del farsi piacere le sbarre!

I pochi dell'élite, in compenso, si montano la testa nel delirio di onnipotenza di fare come fosse tutto loro, e come di fatto è, il "tutto" essendo stato tradotto nei termini di quella ricchezza che oggi, almeno nominalmente, è quasi arrivata ad appartenergli per intero.

Solo che così finisce il gioco perché da quel "tutto" che hanno in mano è sparita l'unica cosa preziosa, e cioè l'umanità.

E questa idea di umanità, di forma e di unitarietà che sopravviveva, prima della modernità, proprio nelle forme eso-teriche di tutte le scuole e le sette sfottute da Eco, ora dopo l'avvento della modernità può solo diventare eso-specie, cioè può solo sopravvivere nella scommessa di una rinascita.

E non una semplice rifondazione culturale o un riposizionamento filosofico, no, qui "ha da nascere" una nuova specie biologica, con una sua nuova consapevolezza, originale, espressa e volutamente separatista.

E se anche la vitalità umana non sarà ai suoi massimi livelli, oggi, per fare una scelta del genere... ci sarà comunque costretta perché è la modernità, con la sua deriva ogm e transumana, a costringere al bivio ed alla speciazione.

Pensate: la nascita di una nuova specie... il sogno di ogni biologo, una cosa che in realtà nessuno ha mai visto succedere ma che ora, proprio noi, potremo apprezzare, in diretta ed in prima persona!


Bene, ora per tornare un po' coi piedi per terra potremmo chiederci, operativamente, come distinguere una semplice alternativa culturale rispetto alla nascita di una nuova specie?

Sicuramente si dovrà assistere ad una serie di scelte culturali nette, e purtroppo divisive, ma ineludibili perché riguardano tutto ciò che concerne la coltivazione della forma della specie, e cioè scelte di comportamenti e di tecnologie: agricoltura o allevamento, vegan o carnivori, radicati territorialmente o urbanizzati, promotori del proprio sistema immunitario o dipendenti da antibiotici e vaccini, socializzati come realmente potremmo scoprire di desiderare o pedissequi riproduttori del modello famigliare edipico...

Ma soprattutto sono sicuro che il segno inequivocabile di aver preso la strada giusta non potrà che essere l'entusiasmo sui volti. L'entusiasmo di un adolescente di fronte ad un mondo da costruire, l'entusiasmo di un cucciolo di fronte alla vita che l'aspetta.