fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

venerdì 25 gennaio 2013

Spazzatura


Ci sembrava interessante fare un post sulla fitodepurazione. Chiunque si trovi a ristrutturare un cascinale o a realizzare un'abitazione nuova o un cambio di destinazione d'uso che implichi un'abitabilità, ha da dimostrare a qualcuno, giustamente, che cosa ne farà dei suoi scarichi. L'allacciamento alla fognatura risulta spesso improponibile per distanze e costi, nel caso di abitazioni in aperta campagna. Fitodepurazione e subirrigazione sono le possibilità alternative previste, in genere, dagli strumenti urbanistici.
Prima di raccontare la nostra esperienza in merito, ci è però venuto lo scrupolo di quantificare anche i rifiuti solidi, la spazzatura che produciamo.

 





Questo è il sacchetto di rifiuti prodotti in una settimana da una coppia di adulti con tre cani. Chiamare in causa i cani è d'obbligo visto che due di loro sono di taglia medio-grossa e che loro si sono mangiati almeno la metà della pasta di cui vedete i tanti sacchetti in foto.
Peso 750 gr x 52 settimane, uguale 40 kg annui di indifferenziato, a cui dobbiamo aggiungere circa 30 kg  di vetro (malto in barattolo, qualche bottiglia di passato di pomodoro). Oltre a questo c'è la carta in quantità irrisoria, giusto quel che serve ad accendere la stufa. Il giornale non si compra, si legge in biblioteca e ce ne sono pure tanti. Oppure, io che vado in città, ogni tanto ne tiro su uno dal cassonetto... il mio compagno apprezza se le notizie sono frolle di due o tre giorni! Resta il rifiuto umido che in questa casa viene risolto all'indiana, lo si butta direttamente dalla finestra posteriore della cucina: la vacca sacra non passerà, ma le caprette profane ci passano diverse volte al giorno!
Ovviamente se avessimo la possibilità di comprare fusilli e cereali in confezioni grosse di carta, saremmo lieti di risparmiare tutta quella plastica e ridurre ulteriormente quei 40 kg annui.
Non usiamo accortezze particolari per tenere bassi i quantitativi di prodotti di scarto se non il cucinare quotidianamente, evitando quindi gli imballi dei prodotti preconfezionati, ed il non avere l'abitudine dell'acqua minerale con tutte le sue belle bottiglie. Restano l'igiene della casa e della persona, ma su questo faremo altri post.
Un orto, il cucinare quotidiano, un'alimentazione a base di cereali, l'abitudine dei cibi stagionali... ed i rifiuti si riducono notevolmente. L'occuparsi direttamente dei propri bisogni, dove è possibile, aiuta a contenere i consumi. Fare l'orto e mangiarsi la verdura, oppure fare legno e scaldarsi d'inverno, sono attività che risultano appaganti, e questo appagamento ha ridotto il mio bisogno di consumo. E non siamo santi: io sto evidentemente pigiando i tasti di un computer, in cortile c'è una macchina e a me tocca un lavoro part-time cittadino.
Mi dispiace che molti giovani non abbiano la possibilità di fare l'esperienza che sto facendo. Sono convinto che sia la fissità di un certo schema di genere - il maschile ed il femminile che si autocertificano nella coppia e nella famiglia - a fare da propulsore al consumismo: consumare oltre misura va a compensare un'insoddisfazione famigliare che non può essere risolta. Mentre è invece appagante la ricerca dell'autonomia individuale, e la riduzione dei consumi è il primo frutto, spontaneo, di questo appagamento.

lunedì 21 gennaio 2013

Eh, ma come si fa con i bambini...


Ho un collega che non è vegetariano vegano o quant'altro, ma ha ancora quel po' di balle sufficiente ad occuparsi dell'alimentazione dei suoi bambini.
Questi se ne rendono benissimo conto, e col cavolo che a scuola si sentono inferiori, invidiando quelle merendine "di marca". Anzi, sanno di avere un pacchetto famigliare elaborato che vedono suscitare la curiosità o l'invidia dei compagni.



E' una cosa squallida vedere l'adulto che rende complice il bambino della propria immaturità sessuale.
Decine di volte, parlando delle scelte alimentari che ci farebbero bene, il discorso si è incagliato nella frase "eh, ma come si fa con i bambini..." L'ho sentita pronunciare da maschi e da femmine, ricchi e poveri, analfabeti e laureati.
Tradotta vuol dire: "l'insoddisfazione sessuale mi tiene acceso il gusto, ne sono dipendente e vorrei un'alimentazione totalmente gustosa. Approfitto della fisiologica latenza sessuale dei bambini, che giustamente porta al compenso del gusto, e con questa scusa continuo a permettermi comportamenti che so essere infantili."

mercoledì 16 gennaio 2013

L'esperienza vegana


<< Coca Cola: senza non riesco a lavorare, perché sono sempre stanca, esausta da
finire per terra. La prima cosa che faccio la mattina, dopo aver acceso il computer, è
versarmi un bicchiere di Coca Cola gelata. Appena lo bevo il cervello si mette in moto
e posso partire. A intervalli regolari, poi, continuo a berla, sicché, a seconda della
quantità di lavoro, finisco per consumare da uno e due litri di Coca Cola al giorno.
Nella versione light, naturalmente. >>
<< Nei giorni seguenti mi sento stanca. Eppure le mie analisi cliniche sono a posto.
Mangio gelato a sazietà e non ho ancora il diabete. Solo il colesterolo troppo alto.
Strano, ho sempre pensato che il colesterolo alto ce l'avessero solo gli uomini. Sono
così stanca che potrei cadere dalla sedia della mia scrivania. >>
<< Mi piacerebbe scrivere che mi sento più in forma e più in salute da quando sono
vegetariana, ma purtroppo la mia fisioterapeuta mi ha appena diagnosticato un ristagno
linfatico e mi sono presa anche la pertosse. >>
<< Ogni tanto faccio un tentativo e guardo se questi o quei biscotti sono per caso
senza uova e senza burro, per poi rimetterli a posto ogni volta con un sospiro e
infilare nel carrello la solita tavoletta di Ritter sport al marzapane. >>
<< La mia amica Grillo non capisce. Se lei non mangia il cioccolato non succede nulla.
Se io non lo mangio, non riesco a lavorare. Non riesco nemmeno a leggere o guardare la
televisione. Non riesco nemmeno a mantenere la calma. >>
Karen Duve, "Il giorno in cui decisi di diventare una persona migliore",
ed. Neri Pozza 2012



A natale Sara, l'amica sociologa, mi regala questo libro. Karen Duve la conoscevo già. Scrittrice tedesca di 51 anni, dopo un'esperienza da tassista scrive un paio di romanzi più o meno noir con uno stile aggressivo ed ironico: un successo meritato.
Con queste premesse leggo il retro di copertina. Questo libro racconta in diretta di una donna che sceglie in primo luogo un'alimentazione bio, per poi passare ad una vegetariana, vegana, ed infine fruttariana.
Sembrerebbe un'esperienza interessante. Invece no. L'unico interesse che può destare questo libro è lo spaccato della miseria che comporta l'essere "fuori dal branco".
Nessuna società di donne spiega a questa signora totalmente disincarnata l'accumulo di dipendenze che lei chiama alimentazione: per lei il cucinare coincide con l'afferrare i prodotti preconfezionati dallo scaffale del supermercato. In tutto il libro non c'è accenno della reazione del suo corpo a questi cambi di alimentazione. Il suo corpo si chiude nella descrizione di una perenne stanchezza, che si mantiene tale qualunque sia l'assetto alimentare.
Un'alimentazione che ha il nome delle sue voglie, senza la minima distinzione tra
grassi proteine e carboidrati. Scelte alimentari che sono diretta espressione della
sua libido di cui, tra l'altro, non v'è traccia nel libro lasciando presumere che si
esaurisca appunto nel cibo.
Non stupisce quindi che la totale mancanza di percezione del proprio corpo coincida
con le sue attività preferite: partecipare con altri attivisti ad azioni di
"salvataggio" di qualche gallina dagli allevamenti intensivi; oppure farsi prendere a
calci dal mulo quando prova ad addestrarlo con la sua assoluta arroganza.
Il libro non risulta interessante neanche dal punto di visto dell'informazione
scientifica: non c'è traccia delle ricerche di Varkj (vedi post sul carnivorismo),
vengono presentate come novità cose risapute da cinquant'anni (vedi i danni del
latte), e le descrizioni delle schifezze dell'allevamento industriale servono solo a
dare quel tot di crudezza richiesto da esigenze editoriali.
Cerchiamo piuttosto di ricostruire a sommi capi qual'è stata la storia di questi
fenomeni di cui si prospetta nei prossimi anni una crescita esponenziale.
Negli anni '70 compaiono i primi prodotti alternativi alla carne: tofu, temphé,
seitan. Il fenomeno della macrobiotica, i cui seguaci paradossalmente non sono
computati tra i vegetariani, ha portato questi prodotti nei negozi del biologico che
in quell'epoca si sviluppavano nei paesi industrializzati. La macrobiotica aveva una
visione sincretistica della medicina tradizionale cinese e delle conoscenze mediche
occidentali, e aveva una finalità nella gestione autonoma della propria salute, il
"medico di se stessi" (vedi post sulla diagnosi del volto). Oggi è praticamente
sparita dal panorama culturale, ma non dobbiamo dimenticare che sono stati i primi ad
evidenziare i danni della carne, del latte-formaggio e degli additivi chimici.
L'ultima propaggine di quest'esperienza si coagula nei "naturopati" che, paralleli
alla medicina ufficiale, ottengono in genere brillanti risultati quando riescono a
convincere il cliente ad abbandonare il formaggio (salvo non renderlo autonomo
spiegandogli i criteri seguiti).
Negli anni seguenti si è posto un generico vegetarianismo ma, in molti casi,
l'abbandono della carne e la sua sostituzione col formaggio riusciva ad inficiare
qualunque beneficio di salute.
E' di una decina d'anni, ed è comparso come fenomeno generazionale, l'esperienza del
veganesimo come esclusione di qualunque prodotto di origine animale e da qualunque
punto di vista, dall'alimentazione al vestiario al divertimento. I limiti di
quest'esperienza stanno indubbiamente nel porre un criterio etico nell'alimentazione
al posto di uno fisiologico. E questo libro dimostra appunto come ciò che si butta
dalla porta possa rientrare dalla finestra.
La violenza che questa signora cerca di non esprimere sugli animali, ricompare con una
compensatoria violenza di gusto: la signora non è diventata vegana perché ha imparato
ad apprezzare il cereale ma inseguendo la cioccolata senza ingredienti di origine
animale... Il mostro della violenza buttato dalla porta può rientrare dalla finestra
con quella forma di autolesionismo così diffusa che si esprime nel non sentire più il
proprio corpo.
Ben vengano libri sui nostri esperimenti alimentari, ma devono essere libri che
parlano della qualità delle nostre feci, del ridursi del bisogno di lavarsi perché non
si puzza più, della riconquista delle nostre capacità di attenzione e comprensione...
del collimare di termini come economia-salute-ecologia.

sabato 12 gennaio 2013

Chi prega ingrassa...

CHI PREGA INGRASSA, così titola La Stampa del 28/03/2011

<<Essere devoti fedeli farà bene allo spirito, ma un po’ meno alla linea ci fanno sapere gli esperti della Northwestern Medicine. Hanno fatto questa curiosa dichiarazione all’American Heart Association scientific sessions 2011 che si è tenuta ad Atlanta (Georgia, Usa) dal 23 al 25 marzo.
Lo studio longitudinale condotto dal dottor Matthew Feinstein e colleghi, ha mostrato che chi è religioso, frequenta la chiesa e partecipa alle attività correlate, ha il 50% di probabilità in più di diventare grasso, sovrappeso od obeso che non chi invece non s’interessa di questo genere di cose.
Non sappiamo perché una frequente partecipazione religiosa sia associata allo sviluppo dell’obesità... >>




Sostituito dio all'uomo...
poi diventa facile sostituire il cibo al sesso!



mercoledì 9 gennaio 2013

Omosessualità


Caro Luca,
scusa il ritardo, ma mi era scaduto l'abbonamento a internet.
Al post "Il mio amico etero" mi mandi il commento: "Interessante, ma giuro non ho
capito quale sia la tua opinione in merito all'omosessualità... mi interesserebbe
davvero sapere come la pensi."
Ti rispondo: non ho un'opinione sull'omosessualità, semplicemente perché sono
omosessuale. E' semplice: se ti piace la figa sei eterosessuale, se ti tira per
l'uccello sei omosessuale. Intendo dire che l'oggetto del discorso è, e non può che
essere il desiderio. La tua responsabilità sociale è tenerti in salute per avere molto
desiderio...
Se vuoi opinioni sull'omosessualità, e se vuoi toccar con mano dove porta l'opinione
sul desiderio, ti riporto questo articolo che a suo tempo avevo pubblicato sul mensile
Babilonia. Prende lo spunto da un libro di Thomas Mann, quell'autore che ha deliziato
la sinistra col suo sanatorio sulla montagna incantata...
Saluti e Baci



<< Indubbiamente l'omosessualità, l'amore tra uomini, il cameratismo sessuale, gode di
un certo favore, oggi, nel clima del nostro tempo, e le persone colte la vedono sotto
una luce che non è solo quella di una mostruosità clinica. ( ) Non c'è nulla da
eccepire contro questa tendenza sentimentale, che perciò meno che mai si può liquidare
col giudizio di inesteticità. La pratica è un'altra. ( ) Ad ogni modo quello estetico
è un punto di vista extramorale, ignaro dell'etica, incurante del comandamento della
natura, assolutamente estraneo all'idea dell'utilità e della fecondità. ( ) Ove regna
il concetto della bellezza, l'imperativo vitale perde in valore assoluto. Il principio
della bellezza e della forma non procede dalla sfera della vita. ( ) Esso si
contrappone alla vita, fiero e melanconico, e alle radici è collegato all'idea della
morte e della sterilità. ( ) Chi può negare che in tal modo la sua condanna morale è
già pronunciata? Non vi è benedizione, in essa, se non quella della bellezza: che è
una benedizione di morte. Le mancano le benedizioni della natura e della vita: il che
potrà essere il suo orgoglio, ma è certo che così essa è condannata, reietta, segnata
col segno dell'assurdo e dell'inane. Non-benedizione significa maledizione, anatema,
quando si tratta della natura e della vita; e una maledizione ( ) grava innegabilmente
su quella libera, troppo libera sorta di amore. Essa suol finire in bassezza e
miseria. ( ) E' "libero" amore nel senso di amore infecondo, senza speranze,
irresponsabile e incoerente. ( ) Gli manca la fedeltà. ( ) La fedeltà è il grandissimo
vantaggio morale dell'amore comandato dalla natura, dell'amore generante, possibile
nel matrimonio. La legge degli ebrei, che in queste cose hanno sempre avuto un istinto
infallibile, fin dalla più remota antichità puniva la sodomia con la morte. >>
Thomas Mann, "Lettera sul matrimonio", ed. Il Saggiatore 1958, pp.17-21

Parlare di natura non è un puro esercizio concettuale, soprattutto per chi può
incorrere nella definizione di "contronatura"!
Le torbide e recondite motivazioni personali di Thomas Mann sull'argomento non ci
interessano, saranno state un problema di sua moglie Katia. Ci interessa qui per la
definizione di natura da cui muove i suoi ragionamenti. Può non piacerci, in questa
formulazione, ma a ben vedere è un modo di pensare moderno, su fonda su di un
meccanismo scientifico che sembra non fare una grinza. I sessi sono due, incontrandosi
riproducono la specie, questo è dunque l'ordine e tutto il resto è sicuramente pessima
cosa.
Basta guardare la natura stessa per accorgersi che non si può risolverla così
semplicemente. Chiedetelo ad un'ape operaia se si sente contronatura, lei che non
scopa mai! E i lupi? Solo alcuni si accoppiano e trasmettono i loro geni ma tutti,
vivendo in branco, si occupano delle condizioni che permettono l'allevamento dei
cuccioli.
Da un punto di vista scientifico il concetto di natura ci costringe ad un'evidente
incongruenza: l'astrarsi dalla natura per poterla definire è già di per sé un
posizionamento ben definito nel suo privilegio. Ci conviene allora cercare una
definizione di natura che ci comprenda.
Quest'altra strada è il desiderio. La natura si esprime attraverso il desiderio. E
questo non è definibile a priori ma solo sperimentabile. E' il nostro personale
tramite all'ordine dell'universo.
In questa direzione si possono citare gli irokesi, che ne riconoscevano il valore
sociale. O gli antichi cinesi, per i quali il compito dell'umano è albergare gli
spiriti.
"Rispetta la natura, vivi il tuo desiderio!" Può essere lo slogan su di una maglietta
come un presupposto filosofico: è perché sono vivo e desiderante che ci tengo alla
salvezza di questo pianeta!
Per concludere torniamo a rileggere il nostro autore. La bellezza apollinea di Tadzio
in "Morte a Venezia" o la potenza dionisiaca del mago nel racconto "Mario e il mago",
unite dal loro epilogo di morte, sono le uniche possibilità prospettate per il
desiderio omosessuale...
Non alla critica letteraria ma alla nostra vita il compito di creare le altre mille
che Thomas Mann non è riuscito ad immaginare!

martedì 8 gennaio 2013

Il proselitismo impossibile


Nulla di sostanziale può cambiare se non cambia l'immaginario sessuale.
Finché le donne continueranno a privilegiare il delinquente, e finché gli uomini
accetteranno di lasciarsi mettere l'uno contro l'altro dalle loro donne, l'umanità
continuerà a riprodursi in maniera edipica e ad agire senza misura: una massa di
individui senza riferimento sociale e con scarse capacità cognitive perché si preclude
l'organicità di uno sguardo collettivo di specie.

In senso naturalistico ed ancestrale, dove ancora funzionasse un equilibrio fra gruppi
di genere precedente assetti storici matri-patriarcali, possiamo immaginare per i due
sessi atteggiamenti complementari del tipo:
il maschile associato interviene sull'ambiente facendo un conto realistico della risorsa sociale;
il femminile associato interviene sulla demografia facendo un conto realistico della risorsa
ambientale.
Ci è anche facile immaginare come, sbilanciandosi, l'attivismo del maschile possa
trasformarsi in "cazzoneria" individualistica; e come il femminile possa analogamente
trarre la sua peculiare "stupidità" dall'incapacità di reggere psicologicamente
l'ingrato compito del controllo demografico (guardo il mio utero ed escludo il resto,
e quando devo escludere qualcuno dalle risorse smetto di considerarlo con empatia: non
ti guardo in faccia perché ti sto fottendo!).
I primi sono ruoli che possono originare fisiologicamente dalle diverse conformazioni
di genere. Le seconde, la cazzoneria e la stupidità, sono le stesse componenti, ma
distorte per mancanza di vitalità e semplificazione cognitiva, trasformate in semplici
stratagemmi o "tecnologie" comportamentali di parte.
Un terzo fattore è però essenziale nel riprodurre questo stato di cose: l'immaginario
sessuale che fa preferire la forma distorta!

Dovete proprio spiegarmi come si fa a scopare con la cazzoneria o con la stupidità,
io purtroppo non ci riesco. Se riuscite a spiegarmi come questi immaginari sessuali siano
legittimi e riuscite ad imporli (non è difficile, basta una tacita esclusione sociale
di chiunque non si presenti con cazzoneria o stupidità) allora sarò convinto che il
disequilibrio ambientale e sociale non potrà mai venir corretto... e buona estinzione
a tutti!
E non ditemi che l'onda della modernità ha permesso agli uomini di scoprire la
sensibilità e alle donne l'intelligenza. In realtà le donne si sono permesse la
violenza intellettuale e gli uomini la comodità... Ma quanto è profondamente,
doppiamente avvilente trovarsi a letto la stupidità di un uomo. L'amore forse esiste
per darci modo di raggiungere l'altro relativizzando tutti i suoi limiti, ma la
stupidità è troppo, non si può trovare attraente una persona stupida: non è sesso, è
retorica, può solo essere una retorica sessuale figlia di banale impotenza.

La cazzoneria è dunque, sul piano pubblico, una rigidezza ed un ostacolo cognitivo:
l'idea che si possa forzare la realtà. Mentre la stupidità rappresenta chiaramente,
sul piano personale, il rifiuto dell'altro: qualcuno che non ti ascolta (ed è facile
accorgersene, sappiate che da fuori si vede benissimo) perché sta seguendo le sue idee
preconcette.
Ma per accettare l'altro, per riconoscerlo veramente per quello che è e dunque poterci
aprire alla complessità sociale della specie, dobbiamo prendere atto che mai potremo
cambiarlo o convincerlo di alcunché?
Non si convince alla realtà qualcuno che ha invece scelto la convenienza di una
qualche falsariga ideologica. Se con uno non ci puoi parlare ma neppure scopare...
allora non hai proprio nessun accesso. Come di fronte alla ritrosia di una bestiola
selvatica: non puoi che fare un passo indietro!
Questa può essere una triste constatazione da trarre a livello personale, ma andrebbe
anche considerata come categoria dell'agire politico: non si possono far proseliti a
parole. Solo il battere il naso, solo l'esperienza della realtà può mandare in crisi
le certezze di qualcuno e farlo cambiare.
Le nostre parole non contano. Chiunque, anche gli stupidi reagiscono per quello che
siamo e facciamo e non per quello che diciamo. Le parole sono corrette, cioè hanno un
qualche valore nel rappresentare la realtà, solo se vengono in seconda dietro la
realtà.
L'umano con la civiltà non inventa e costruisce la sua dimensione sociale, piuttosto
la sclerotizza, in immense strutture di rapporti alienati. L'umano dimostra oggi la
ritrosia di una bestiola inselvatichita, o meglio, desocializzata. Forse bisogna
riconoscergli tutta la sofferenza di questa profonda ferita... e fare un passo
indietro.
E' faticoso sopportare la passività di un attesa, più faticoso che reagire con impeto,
ma è indispensabile per ridefinire i modi del nostro agire: così come a livello
personale uno può anche prendere l'iniziativa ma deve trovare l'altrui desiderio
perché ci sia un incontro, così, forse, lo spazio legittimo per la politica...
è quando la gente si fa avanti!
Possiamo solo essere noi stessi, questa è l'unica posizione politica e personale
corretta, e sperare con questo di essere una di quelle esperienze che faranno battere
il naso a qualcuno!

P.S.
L'accesso ad un dato di realtà può avvenire tramite un livello personale oppure
impersonale (pubblico, politico, razionale, teorico).
Si prende qualcosa dal primo appiglio e poi ce la si completa, se mi è arrivato un
dato personale cercherò di inquadrarlo razionalmente, se mi è arrivato un dato
razionale cercherò di verificarlo personalmente. Se evito uno dei due aspetti, sto
evitando un processo di consapevolezza e di autonomia. Uso opportunisticamente il
nuovo dato ma evito accuratamente di prenderne la complessità e di inserirlo in un
panorama, è il rifiuto dell'autonomia.
La mancanza di una cognizione tridimensionale del mondo rappresenta dunque la base
fisiologica dell'adesione ideologica. Alla realtà si preferisce il falsopiano
ideologico che meglio giustifica i nostri porci comodi!

Analogamente accade in ambito accademico, dove si potrebbe sospettare che il dividersi
in specialismi non sia in realtà finalizzato ad una migliore comprensione della realtà
ma piuttosto ad esorcizzare il fatto che si possa mai arrivare ad una situazione di
sazia consapevolezza... dove ovviamente il ruolo dell'accademico e dell'educazione
genialogena (tesa ad estenuare particolari inclinazioni piuttosto che a coltivare
personalità armoniche ed integrate) non sarebbe più giustificato.


venerdì 4 gennaio 2013

Educazione di genere


Per cogliere in senso realmente corposo il portato dei sessi nel determinare il
costume contemporaneo servono testimonianze dirette che sappiano vedere il disastro
nelle sue articolazioni famigliari e quotidiane. Come questa, ad esempio, che raccolgo
da un sito di cui non condivido l'impostazione critica ma che ringrazio per questa
descrizione molto lucida:



<< Gli italiani, cresciuti tra matriarcato, chiesa cattolica e mafia, hanno una
visione “femminile” della realtà, che non è una cosa da percepire coi sensi,
constatare e descrivere, ma da “creare” in base ai propri desiderata ed alle proprie
convenienze.
E’ utile ed interessante capire come le madri italiane educano i figli alla menzogna,
o per meglio dire alla “creazione della realtà”, per capire ed imparare a gestire gli
italiani, cresciuti nella “visione femminile” della realtà tipica di femmine,
matriarcato, chiesa cattolica e mafia.
Inizio con un aneddoto..
In fila alla cassa di un supermercato con Alberto, il mio figlio più piccolo, di sei
anni. Alberto si avvicina alla cassa con un cestino di quelli a rotelle, con cui
abbiamo fatto la spesa, mette le merci acquistate sul nastro e ripone il carrello.
Mentre è impegnato in questa operazione arriva una bambina della sua età che, facendo
la stessa cosa, fa cadere tutti i carrelli.
La mamma la richiama: “Metti a posto i carrelli !” La bambina risponde “sdegnata”:
“Ma mica li ho fatti cadere io” guardando mio figlio Alberto con “sguardo
accusatorio”.
La mamma, che ha visto perfettamente la scena e sa perfettamente che è stata sua
figlia a far cadere tutto, risponde invece assecondando la menzogna della figlia,
accompagnandola per di più con una frase moralizzatrice:“Non fa niente se non sei
stata tu ! L’importante è mettere a posto i carrelli”.
Alberto mi guarda sconcertato dal comportamento della bambina, e io ne approfitto per
spiegargli le femmine, naturalmente ad alta voce, in modo che mamma e figlia ascoltino
e capiscano che la loro ammuina non ha avuto alcun effetto, e non ha dunque alcun
senso: “Vedi Alberto le femmine sono così: negano l’evidenza ed educano le altre
femmine, fin da quando sono piccole, a negarla: l’importante è che tu lo sappia
senza sdegnarti e arrabbiarti, che peraltro è del tutto inutile, nel senso che non
serve certamente a cambiare il loro comportamento, in modo da imparare a capirle,
conoscerle e gestirle fin da piccolo”.
Alberto ha capito.
Mamma e figlia pure. E pensano già, da femmine, che la loro menzogna non era
congegnata bene e che la prossima volta bisognerà fare il tutto in modo più raffinato.

Dice: “O Giamba ma perchè ci racconti sto aneddoto ?”
Dico: “Pe favve capi’ che gli italiani in quanto cresciuti tra chiesa cattolica, mafia
e matriarcato, hanno una visione “femminile” della realtà, nel senso che la realtà non
è una cosa da percepire coi sensi e poi constatare, ma qualcosa da “creare” in base ai
propri desiderata ed alle proprie convenienze.
Ah n’antra cosa…
Tenete conto che la “creazione della realtà” tipica di chiesa cattolica, mafia e
femmine è accompagnata necessariamente dalla brutta abitudine di “far passare per
pazzi” quelli che vedono, constatano e descrivono la realtà effettiva, ovviamente per
mantenere intatti gli spazi per “creare la realtà” più utile e conveniente.
A questo proposito tenete conto che il vostro sdegno e la vostra incazzatura di fronte
alla menzogna, o per meglio dire alla “creazione della realtà”, magari accompagnata da
urla scomposte, lungi da venir considerata, da femmine, chiesa cattolica e mafia,
come un monito a cambiare, per tornare a descrivere la realtà per quel che è, è usata
da femmine, chiesa cattolica e mafia proprio per “farvi passare per pazzi”.
Necessita dunque, in quei casi, calma, pazienza,  e una ferma e costante ripetizione
della realtà. Insomma l’ eppur si muove di Galileo di fronte all’inquisizione
cattolica che voleva farlo passare per pazzo e lo rinchiudeva in prigione.

“Avete capito ?”
Non dite. “Ho capito” se non avete capito, pe’ fa’ bella figura.
Dite: “Non ho capito” e ve lo rispiego. >>

http://giamba2016.wordpress.com/