fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

domenica 28 ottobre 2012

Dispensare il cibo


Dare da mangiare ad un branco di cani è un'esperienza interessante, i miei sono quattro
e, con le tre cavalle, cinque capre ed indefinite carpe del laghetto davanti a casa...
mi fanno sentire referenziato. Oltre, ovviamente, a decidere cosa dargli, anche solo il
dispensare il cibo è di per sé una faccenda complessa. Ti devi ricordare per ciascuno
se ha mangiato e quanto la volta precedente, stare a vedere se mangia e con quale
appetito. Se lasciano qualcosa magari ritirarlo sapendo l'indole bulimica di alcuni.
Qualcun'altro è invece in grado di fermarsi e ti lascia magari due fusilli in fondo al
piatto.
Anche la competizione è complessa, se gli animali sono sereni, e non lascia alcuno
senza cibo ma redistribuisce in base alla fame. Qualcuno può finire prima ed andare a
fare la posta al piatto del vicino "dai che sei lento, se non hai ancora finito è
perché non hai fame, dai, lascialo a me...", e l'altro "beh, magari è vero" e si
scosta. Qualcun'altro può inventarsi di fare la corte, per un istante, e rubare
impietoso un pezzo di pane approfittando dell'attimo di distrazione della vittima...



Ma sto divagando, quel che voglio dire è che la pratica di alimentare qualcuno è un
esperienza formativa ed un esercizio di equilibrio che si dovrebbe richiedere a
qualunque futura madre, come a qualunque adulto.
Nella pratica abituale, invece, la cosa più comune è vedere quella sollecitudine
materna ed inopportuna, quello sprone a senso unico al solo aspetto del mangiare:
ancora, di più! Come se l'istinto di conservazione non fosse lì apposta o come se,
realisticamente per le comuni condizioni di salute, temessimo di vederlo affievolirsi!
C'è ovviamente una dialettica, da riconoscere e rispettare, tra l'abbondanza e la
carestia. C'è la sazietà ma c'è anche l'appetito e la fame.
Ecco il primo dei danni del buonismo femminile (e femminile anche se esercitato da un
uomo): la sazietà è comoda, "un bambino con la pancia piena sta buono" è il primo
pensiero che si offre alla stupidità del genitore. Il primo dei danni nel senso che una
generazione "brucia" alla successiva l'esperienza dell'autopercezione, costringendola
nei soliti binari di un'inconsapevole alienazione.
Di genitori ce n'è tanti, non è possibile che nessuno si accorga che tra il trauma
della guerra (eh, ha visto la fame...) ed il vezzo quotidiano di scegliere
nell'abbondanza del supermercato, forse possiamo cercare un equilibrio?
Un giorno la mia mano è generosa e vedo la serenità dell'abbondanza, un altro è parca
ed apprezzo la tensione sana che resta, "l'appetito di vivere". Non è cattiveria il non
dare, è solo l'esercizio consapevole di un aspetto dialettico della realtà.

venerdì 26 ottobre 2012

Fascismo atomico


La più normale delle obiezioni al nucleare - nucleare uguale energia cattiva - è la più
scontata ma è debole e fuorviante: non è che col petrolio stavamo facendo di meglio.
La questione mi sembra essere invece il fatto di dare per scontato che i danni non
vengano risarciti.



La morte per contaminazione radioattiva è ambigua ed elusiva. L'Italia è stata invasa nel 1986
dalla nube di Chernobyl, oggi possiamo contare le vittime solo facendo dotte stime sugli
aumenti dell'incidenza di certe patologie, come il cancro alla tiroide, e sono stime dell'ordine di
migliaia di casi, che però rimangono senza volto: era il mio cancro o il tuo... quello di Chernobyl?
E allora chi paga? I russi? I mafiosi che controllano quelle centrali? Un fondo
internazionale finanziato dalle bollette energetiche dei vari stati?
La filosofia contemporanea l'ha risolta con l'eleganza di una scaramanzia: tutti la
usiamo... chi si brucia non si lamenti!
Ecco, questa è l'essenza del fascismo: non solo giocare alla fottitura, ma voler
imporre il gioco a tutti! E' quel sentirsi dalla parte del progresso che sembra dare
l'autorizzazione: io sono dalla parte del progresso, e il progresso un giorno salverà
anche quelli che oggi vengono danneggiati. In base a questo criterio l'america, negli
anni '50, arrivò addirittura al punto da sperimentare l'energia nucleare contro se
stessa, sui suoi stessi abitanti!
C'è solo un modo di essere contro il nucleare: la riduzione dei consumi. Perché sono
proprio i nostri consumi a renderci complici del nucleare. Attualmente le "nostre"
centrali nucleari sono solo un pelo più in là del confine con la Francia e, calcolando
che i venti tendenzialmente tirano da ovest verso est, è come averlo in casa!
Certo, come italiani abbiamo il diritto di chiedere ad ogni novello filosofo francese
non la sua opinione sull'essere, ma la sua opinione sul nucleare. Ma potremo sganciarci
realmente dalla complicità solo dominando i nostri consumi (il mostro che c'è in noi).
E bisogna proprio parlare di "mostro" perché vi sarete accorti, sicuramente, della
straordinaria "potenza" del nucleare: se ne stava già riparlando, in Italia, alla
faccia del referendum dell'87. E se per questa volta ancora siamo stati salvati, non
dobbiamo ringraziare gli strumenti della democrazia... ma solo il provvidenziale botto
di Fukushima!
Questa "strana potenza" del nucleare, insomma, viene da una nostra intima contraddizione:
da una parte ci può anche fare schifo lo strumento, ma dall'altra è proprio la nostra debolezza
che ci rende voraci di energia.

giovedì 18 ottobre 2012

La morte è antimoderna


Questo delizioso piccolo racconto giapponese ci ricorda come anche la morte possa
essere culturalizzata. La raffinatezza nipponica tratteggia una vecchina zelante, quasi
eccitata di fronte al nuovo compito che l'età le riserva. La vediamo sistemare le
ultime cose con gli altri e con se stessa e poi, sulla strada dei ricordi della sua
esistenza, partire serena per il suo ultimo pellegrinaggio, offrendosi alla morte come
alla più alta delle responsabilità nei confronti della vita.



La raffinatezza, nel caso della tradizione giapponese, è stata il canonizzare una serie
di comportamenti consoni ad un'esperienza vissuta naturalmente, rispettata nella sua
fisiologia: il proprio farsi da parte fa posto alla vita, e se ne può scoprire il
desiderio solo in ragione del compimento, nel bene o nel male, delle tappe precedenti.
Le è difatti affiancata, moralmente nel racconto, la vicenda tribolata di un vecchio
suo coetaneo, decisamente restio alla medesima richiesta sociale e, alla fine,
tragicamente succube.
Questo racconto mi sembra didascalico ad illustrare quel momento epocale dove si è
rinunciato, collettivamente, al realismo dei propri corpi per "potenziarsi" nella
prospettiva virtuale della civiltà storica.
Oggi non si regge più la morte, la preistoria ci spaventa proprio per l'incapacità di
immaginare un altro modo di gestire personalmente e socialmente le nostre esistenze.
L'antenato, paradossalmente, ci ricorda la morte mentre dovremmo celebrarne la vitalità
che ci ha generato.
Il rifiuto della morte non è ecologico. Quando la morte ci spaventa nascono le
religioni e l'individualismo, l'arte e la guerra. La vita contemporanea è tutta un
costoso esorcismo: la moderna umanità non vive, "esorcizza la morte"!
Dobbiamo sottrarre la morte all'ontologia della religione e riportarla all'alveo delle
nostre esperienze fisiologiche. Dobbiamo aver cura di svezzare i lattanti, dare ai
bambini l'affetto che meritano, sincerarsi che gli adolescenti facciano tutte le loro
esperienze, richiederci reciprocamente adultità, usare i muscoli e far posto a qualcosa
di vivo, allevarlo...
Sono tutte tappe inderogabili per giungere sazi alla fine della nostra vita.

domenica 14 ottobre 2012

Tortillas


Piatto tradizionale di un po' tutti gli amerindi, le tortillas sono il modo più
ragionevole per alimentarsi quotidianamente di mais. I nostrani "mangiatori di polenta"
conoscono bene la sazietà ma sanno anche che è una sensazione veloce a svanire. Le
tortillas vi stupiranno invece per la corposità e per l'evidenza del gusto.
Rappresentano anche il modo più diretto di utilizzare una piccola produzione "orticola"
di vecchie varietà locali (100mq condotti manualmente dovrebbero darci una ventina di
chili di mais): un altro pezzo di autonomia da macchinari, forni e mulini (anche perché
venti chili di mais sono troppo pochi per farseli macinare). Questa ricetta per le
tortillas consente di utilizzare il cereale integrale evitando i problemi dei prodotti
sfarinati.





Si parte dalla granella secca che va bollita con qualcosa di basico come la calce o,
come in questo caso e per chi ce l'ha, la cenere di legna ("nixtamalizzazione" si
chiama questo procedimento tradizionale che rompe la buccia ed arricchisce il mais
evitando, per chi lo consuma tutti i giorni, malattie da carenze alimentari come la
pellagra degli europei). Cuocete il mais fino a che cominciano ad aprirsi i primi
chicchi (dipende da quanto è secco il mais, io ho usato di cenere setacciata un volume
pari alla granella, gli ho dato una cottura serale che ho poi ripreso il mattino dopo).
A questo punto va sciacquato e schiacciato, ed il tritacarne penso rappresenti una buona
imitazione della macina manuale a pietra che si vede in tanti documentari sulle vite
tribali.
L'impasto va lavorato con un po' d'acqua fino ad ottenere delle palline da schiacciare
in dischi spessi 3-4 mm.
Sulla piastra per pochi minuti, girate e corrette di sale, le tortillas calde
dovrebbero presentare una crosta croccante ed un interno ancora umido che le rende
flessibili. Arrotolate si usano a mo' di cucchiaio a tirare su il resto del pranzo:
provate ad abbinarci la zucca ed una bella pentolata di fagioli neri messicani... e
buon appetito!

sabato 6 ottobre 2012

Esperienze di autocostruzione 1





Con una serie di post abbiamo intenzione di descrivere le problematiche della
realizzazione di un edificio di 40 mq con licenza edilizia per basso fabbricato,
ottenuta recuperando la cubatura di un piccolo edificio precedentemente demolito.
Avremo così la possibilità di confrontare tempi e costi di un edificio realizzato
direttamente dai proprietari in una logica di "lavori in economia" (possibilità
giuridica esistente sul nostro territorio ma di non consueta applicazione che
meriterebbe un'indagine specifica, chi è interessato può cominciare battendo su Google
"lavori in economia edilizia") con i prezzi di mercato di un'analoga costruzione.
L'esperimento può risultare interessante, ad esempio, per chiunque ha la possibilità
di acquistare un rudere in campagna e vuole valutare quanto gli costerebbe un piccolo
ampliamento realizzato con le proprie forze.
Questo edificio è finalizzato ad essere lo spazio sociale, con servizi, cucina e forno
a legna, di un piccolo insediamento in corso di realizzazione. L'edificio avrà una
fondazione in cemento armato, una struttura portante parte in muratura (per cucina e
servizi) e parte in pilastri in legno con tamponamento in terra cruda, struttura del
tetto in legno e copertura in tegole portoghesi.






Realizzazione basamento

Per la realizzazione delle fondazioni è stato scelto l'intervento manuale (pala e
piccone) valutando che il mezzo meccanico che poteva realizzare lo scavo in una
giornata di lavoro (una draga da 30-35 q.li noleggiata per circa 150 euro) sarebbe
stato penalizzante non per il costo in sé del mezzo, ma per le conseguenze sui lavori
successivi: lo scavo con la benna è troppo largo per essere eseguito "in trincea",
dove quindi è la terra a fare da cassero, e ci avrebbe costretto ad una seria e ben
più onerosa casseratura. L'intervento della draga avrebbe inoltre comportato un
livellamento del terreno che avrebbe reso dunque indispensabili altri interventi di
riempimento e compattazione con camionate di materiale adatto, ad esempio "riciclato".

Materiale

Sabbione: ne sono andati 6 mc e col trasporto ci è costato 280 euro
Cemento: per ottenere un 250 kg/mc ne sono stati usati 60 sacchi da 25 kg per una
spesa di circa 200 euro
Ferro: per le travi perimetrali ne sono stati usati 220 kg (per 0,70 = 150 euro) e
sulla soletta è stata posta una rete zincata da 2 mm, maglia 40x40, costo 50 euro
Laterizi: 9 mq di mattoni forati necessari per creare l'appoggio dei tavelloni

Elenco operazioni

Tracciamento
Pulizia dello strato superficiale
Realizzazione in trincea con pala e piccone dello scavo di fondazione
Getto variabile in altezza di magrone per sottofondazione
Tracciamento delle quote altimetriche col metodo del tubo trasparente (riempito con
acqua permette di stabilire con la massima precisione la quota da raggiungere col
finito)
Casseratura leggera (assi da cantiere da 12 cm e picchetti 7x5)
Realizzazione manuale (taglio e piegatura) delle staffe diametro 8 mm e posa dei ferri
dritti diametro 12 mm per la realizzazione dell'armatura nei casseri
Riempimento con cemento mescolato con betoniera e trasportato a carrette
Dopo alcuni giorni scasseratura dei casseri interni delle travi e realizzazione dei
muretti in mattoni per il vespaio
Posa dei tavelloni sui muretti(realizzazione vespaio h.media 30 cm).
Posa della rete sui tavelloni con adeguato spessoramento
Getto della soletta






Questo in progetto è un basso fabbricato, ma sarà coibentato ed attrezzato come una
casa vera. Per ora abbiamo realizzato le fondazioni con 1000 euro di materiali e 220
ore di lavoro.
Il basamento è l'unico intervento in cemento armato previsto dal progetto. Nella
realizzazione si è fatta particolare attenzione a che lo scavo della fondazione
raggiungesse lo strato affidabile, in questo caso di pietrisco e argilla; che i ferri
si riprendessero di "cinquanta volte il diametro"; che la quantità di cemento
nell'impasto fosse quella prevista. Il cantiere ha la dotazione di una betoniera
chiamata la"barbie" per il colore e l'inconsistenza della lamiera ma che,
sorprendentemente, impasta i suoi 110 litri da tre anni (200 euro).