La critica femminista ha accusato l'umanesimo di aver costruito una cultura falsamente neutra
rispetto al genere sessuale, quando invece e generalizzatamente ci si sarebbe in realtà sempre
riferiti ad un idea di uomo maschio.
"La vita civilizzata pone l'uomo a riferimento di se stesso", questo sembra dirci quindi la critica
femminista. L'uomo, adulto, maschio, etero, lavoratore... L'immagine di quest'uomo e la sua
dimensione diventa unità di misura dell'ambiente, dell'infanzia e della vecchiaia, delle donne e
dei non eterosessuali, dei non occupati... di tutto ciò che, a lui rapportato, perde il senso
proprio e ne acquisisce uno arbitrario e variamente coniugato in sfruttamento, umano e
ambientale, in sperequazione economica, sopruso, crudeltà o semplice ignoranza.
Attenti però a non attribuire questa immagine alla maschilità di per sé. Non è "colpa dell'uomo"
ma della dimensione individualista cui tutti, uomini e donne, ci conformiamo per scarsa
vitalità e salute.
L'uomo patisce la condizione individualista esattamente come tutte le sue "vittime".
"L'unità di misura" è metro di se stesso, in primo luogo, e ciò gli conferisce come una
sorta di opacità. Si inganna, chiama edonismo i passatempi per la sua noia. Chiama
relazioni ciò che resta di fianco e attraverso il suo fondamentale narcisismo. Ma quei
passatempi sono solo le perniciose sfaccettature del suo stile di vita, che si riduce,
quindi, ad un monocorde e complessivo "autolesionismo normalizzato".
Perché è proprio la normalizzazione di questi tratti comportamentali a tracciare i
limiti della dimensione individualista e a renderla incomprensibile a se stessa. Farsi
un po' di male per sopportare un male più grande, è un'esperienza "fisiologica" che può
essere capitata a molti: l'individualismo consiste semplicemente nel dimenticarsi del
male grande cui quello piccolo rispondeva in origine.
Così il narcisismo, che può essere fisiologicamente inteso come la necessaria componente
di autocompiacimento e cura di sé, qui invece, nella dimensione di un certo infantilismo
cui la vita civile costringe, diventa misura estetica del mondo e dell'altro: l'ambiente
diviene oggetto da sfruttare e l'apprezzamento sessuale per il partner spesso si riduce
alla figura che fa al suo fianco in società.
Il rimosso, l'indiscusso dell'individualismo non sono tanto i termini di autolesionismo
o narcisismo, di cui pure un certo postmoderno si fregia (eterni adolescenti), quanto l'assoluta
incomprensione dei motivi reali dei propri comportamenti. Ma il male e la solitudine,
cui quei comportamenti inizialmente si riferivano, non sono altro che il prezzo del
tradimento di sé, di quella rinuncia che tra l'infanzia e l'adolescenza ci "addomestica"
alla vita civile sostituendo la prospettiva di un privilegio alla coerenza e al realismo
del nostro corpo e del nostro desiderio.
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