Un principio di unitarietà del reale può essere un presupposto assunto
razionalmente, oppure può essere un'esperienza percettiva personale: questa
seconda strada è stata chiamata esperienza mistica.
Nel termine misticismo suona però una nota di estraneità ed
eccezionalità che non si merita e che sospettiamo essere solo il frutto
alienato del vivere civile. Da principio appannaggio della sfera religiosa (la
fede, il credere qualcosa di inverificabile, è un'esperienza prettamente
soggettiva ed insindacabile...), poi limite all'approccio empirico della
scienza, il misticismo di fatto è stato reso inutilizzabile per la vita
quotidiana, col risultato di una gran perdita di complessità e
dell'impossibilità ad accedere ad un sano realismo.
Ma cosa potremmo intendere invece, ragionevolmente, con esperienza
mistica? Mistico, misterioso è ciò che non vediamo da un certo punto di osservazione... ma che possiamo scorgere se solo ci spostiamo un po'. Non devo però necessariamente pensare all'ecstasy o ad un febbrone da veder la madonna. Il nostro stato di coscienza non è mai neutro ma è determinato dalla quotidianità delle nostre abitudini di vita.
Dunque la prima cosa che mi viene in mente è che quando, tutti i giorni, mi siedo a tavola ponderando "l'effetto che fa" il cibo che mangio e non solo il godimento istantaneo del gusto... questa io dovrei chiamarla esperienza mistica!
Dunque la prima cosa che mi viene in mente è che quando, tutti i giorni, mi siedo a tavola ponderando "l'effetto che fa" il cibo che mangio e non solo il godimento istantaneo del gusto... questa io dovrei chiamarla esperienza mistica!
Chiamatela un po' come volete. Sarà un'esperienza soggettiva, certo, ma anche confrontabile con i miei
commensali. E poi... io non posso buttarmi via come strumento di osservazione
della realtà: saprò ancora riconoscere se mi alzo da tavola col mal di pancia!
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