Avevamo appena parlato del Salone del Gusto criticando espressamente la
scelta culturale di privilegiare il gusto all’effetto del cibo sulla salute, ecco
che un amico mi riporta sul tema raccontandomi la visita all’”Università delle
Scienze Gastronomiche”, prestigiosa istituzione, accreditata dal Ministero
della Pubblica Istruzione ed attiva da 10 anni a Pollenzo, vicino a Bra in
Piemonte.
“Sono andato a trovare la mia ragazza che studia lì, l’ho aspettata alla
fine delle lezioni, abbiamo mangiato alla mensa e poi mi ha fatto visitare il
posto. Alla mensa si poteva scegliere un piatto tra diverse alternative:
tagliatelle al sugo, zuppa di patate, tajarin al tartufo (ma per questi c‘era
un sovrapprezzo di 25 euro!), polpettone di carne o frittata (di spinaci e con
le uova, ovviamente, ma anche adagiata sopra un letto di majonese!), insalata
(del supermercato) e pane (industriale).
Dopo pranzo abbiamo visitato l’orto, gestito da studenti del secondo e terzo
anno: 150 mq per ospitare qualche cavolfiore, sei peperoni e una decina di finocchi,
due o tre melanzane, una pianta di cetrioli e qualche aromatica.
Tre ore di lezione al mattino più una serie di laboratori al pomeriggio,
tre anni di corso a 14mila euro l’anno!”
Lei pensa realisticamente di usare il suo futuro titolo di studio per
trovare lavoro?
“Lo spera ma non è sicura, lei fruisce di una borsa di studio come la
gran parte degli studenti stranieri (un 40% circa), ma tutti gli altri sono
ragazzi italiani a retta intera, che vengono qui come a fare un normale corso
di studi universitari finite le scuole superiori…”
Allora, eccoci di nuovo di fronte alla stessa questione: abbiamo da
vendere il prodotto italiano e qualcuno lo pubblicizza. Enogastronomia
carnivora ed ipercalorica, grassi e zuccheri senza alcun criterio, latte e derivati…
Lo ribadiamo, nel momento in cui le popolazioni industriali cominciano a far
fronte ai danni del loro stile di vita, e la priorità delle istituzioni
dovrebbe diventare la salute pubblica, il perdurare di forme corporative di
tutela degli interessi commerciali di alcuni settori merceologici diventa
sempre più sfacciato ed inaccettabile.
Se è scandaloso il prestarsi di tanti medici e scienziati nella
costruzione di inverosimili facciate di salubrità per i nostri “prodotti tipici”,
la responsabilità politica delle istituzioni è ancora più grave!
Che la pubblicità è lì per fotterci tutti se lo aspettano. Ma che l’Università
proponga a titolo di universalismo questi battuage pubblicitari, pagati con le
stesse tasse che dovrebbero curare gli infarti e le cirrosi, i diabeti e gli
alzeimer che con quei cibi ci procuriamo… beh questa è circonvenzione di incapace, questo è fascismo... e fascismo di pessimo
gusto!
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