La nascita di un concetto di anima spegne la consapevolezza ancestrale
di consustanzialità tra l'essere ed il cosmo, tra l’umano ed il suo ambiente.
Che sia l'idea greca, la sua riedizione cristiana o la sua origine egizia,
vantare un'anima comporta sempre un "tirarsi fuori", schifato, dai
visceri della vita: ecco la "tecnologia della purezza", la strategia
opportunista di ogni gruppo che si "tenga fuori" da un contesto
sociale per giocarvi, se possibile ovviamente, un ruolo privilegiato.
Fondamentalista va definito allora chiunque metta la sua religione, o la
sua appartenenza culturale, davanti alla cittadinanza, e questo rappresenta un
grosso problema di convivenza per tutte le moderne democrazie.
La soluzione potrebbe essere semplicemente quella di chiedere a ciascuno
di riservare le sue opinioni, fedi ed appartenenze, alla sfera personale.
Questo non è però possibile perché, purtroppo, la pratica consumista dei paesi
industrializzati si configura anch'essa come pratica religiosa. Una religione
omologante ed elusiva, che non ha alcun interesse a dichiarare la sua teologia,
bastandogli il successo commerciale, ma dunque anche completamente impotente ed
impossibilitata a respingere le concorrenti.
Solo la presa di coscienza di una filosofia di specie può superare la
capacità disgregativa che deriva dall’adozione di un concetto di purezza. Diamo
quindi per scontata l’irrisolvibilità di conflitti, come ad esempio quello
israelo-palestinese, dove assistiamo allo scontro tra due “purezze” concorrenti.
La stessa dinamica dell’olocausto va riconsiderata da questa prospettiva: un
posizionamento che rende incapaci di difendere i propri figli rappresenta una
forma di complicità storica di cui mai nessuno parla. La tecnologia della purezza prevede anche il
sacrificio.
The birth of a concept of soul turn off the ancestral knowledge of
consubstantiality between being and the cosmos, between the human and his environment.
Although is the Greek idea of soul, its Christian revival or the Egyptian
origin, boast a soul always involves a "pull out", disgusted, from
the viscera of life: this is the "technology of purity," the
opportunist strategy of each group that "take out" itself from a
social context for playing, if possible of course, a privileged role.
Fundamentalist must be defined then whoever puts his religion, or his cultural
belonging, ahead of citizenship, and this is a big problem of coexistence for
all modern democracies.
The solution may be simply to ask everyone to reserve their opinions,
beliefs and affiliations, to the personal sphere. But this is not possible
because unfortunately, the consumist practice of industrialized countries is
also configured as a religious practice. A religion approval and elusive, which
has no interest to declare its theology, satisfied by commercial success, but
then also completely helpless and unable to fend off competitors.
Only the awareness of a philosophy of species may exceed the disruptive
capacity arising from the adoption of a concept of purity. So we think
unsolvable conflicts, such as the Israeli-Palestinian, where we witness the
clash between two "purity" competitors. The same dynamic of the
Holocaust should be reconsidered from this perspective: a positioning that
makes unable to defend their children is a form of historical complicity of
which nobody ever talks about. The technology of purity also provides the
sacrifice.
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