fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

mercoledì 6 marzo 2013

Grillo


Passate le elezioni proviamo a fare due valutazioni.
La destra ribadisce per l'ennesima volta il suo atteggiamento rancoroso: Berlusconi è
ancora lì, contro ogni tipo di interesse, nazionale internazionale o privato, legale o
illegale, ad onta di una qualsiasi concezione giuridica dello stato, e nonostante una
gran parte dei suoi elettori sia già all'ospizio! Non possiamo che definirla così
quest'insoddisfazione: il rancore di chi si sente dalla parte del dovere e della
tradizione, di chi ritiene di aver lavorato mentre tanti se la godevano, e chissà,
forse ancora di chi non ha digerito il risultato del referendum monarchia-repubblica ed
avanza il dubbio che sia stato falsificato. Forse è proprio che la tradizione si
conserva e si trasmette come il rancore, di padre in figlio.
E la sinistra sta, sbigottita dalla prospettiva di un futuro senza giocattoli. La crisi
costringe alla realtà, e a che servono allora i grandi ideali per amministrare una
grigia modernità senza aspettative? E se si tratta solo di gestire soldi e potere,
allora non c'è più alcuna differenza sostanziale, nel malgoverno destra e sinistra si
equivalgono.
Un sistema esaurito, parrebbe, una fottitura che ha finito di spremere la spugna, tanto
da lasciar nascere, dal nulla, il fenomeno nuovo dei grillini. Il movimento 5 stelle
raccoglie il testimone, ora dovrà farci vedere cosa sa fare.


Dire che è cresciuto su di una propaganda populista è dir poco, ma attenti, non è un
giudizio di valore: magari è stata una strategia opportuna, magari lo stato della
popolazione è talmente malandato da richiedere necessariamente quel tipo di grammatica
(Berlusconi se l'è inventato quel populismo, l'ha cresciuto con le sue televisioni...
e fessa la sinistra che non l'ha voluto ammettere!).
La denuncia del marcio è dunque valsa una tornata elettorale. Ora però si tratta di
inventarsi una pratica di governo in positivo, e qui vedo il difficile. E difficile non
per le forze e gli interessi e i poteri già costituiti che i nuovi amministratori si
troveranno a fronteggiare, ma per il rischio di non aver nulla da opporre ad un
principio forte e diffusamente praticato come quello del "fottere".
Potremmo cercare degli antecedenti alla proposta di Grillo in fenomeni, per esempio,
come Pannella e i radicali, che hanno rappresentato l'opzione di una sorta di
"protestantizzazione" della vita politica italiana (libertà civili per l'individuo e
riduzione ed efficienza per le istituzioni). C'era poi stato Di Pietro ed una
tangentopoli giudiziaria a tentare di ripulire il sistema... ma allora non c'era questa
crisi economica in atto, e forse  questo è l'elemento sostanziale.
Se "crisi" vuol dire che non c'è più un bottino da spartire, allora le ragioni del
fottere vengono meno, il lustro del potere si spegne e la gestione del sistema torna ad
essere considerata un'impegno, oneroso e decisamente complesso. Questo momento critico
è un'opportunità. Si tratta di "cavalcare la crisi" e correre ad inventarci
un'alternativa di vita onesta, ecologica ed economica, prima che ci venga imposto dagli
eventi.
Si tratta di ripensare alla funzione dell'impegno politico. E se, in alternativa alla
pratica del fottere, non possiamo che condividere una visione del "potere come gestione
della debolezza", allora il nuovo amministratore non potrà limitarsi a ripulire il
sistema, ma dovrà anche sapere in che direzione manovrare la barca. Perché se
l'istituzione, pur liberata dalla corruzione, continua a lavorare a proprio vantaggio,
come è abituata da sempre, per autoconservarsi creando il bisogno invece che puntare a
ridurlo (la scuola che crea ignoranza, gli ospedali malattie, la polizia insicurezza
etc.), allora siamo daccapo alla vecchia concezione del potere dove il fottere è
scontato!
Proporre un'alternativa significa identificare il verso di un cambiamento culturale
complessivo che persegua coerentemente la decrescita economica, un'imprenditorialità
sostenibile, e l'autonomia di una popolazione dove ciascuno venga reinvestito delle sue
responsabilità: all'individuo il compito di coltivare la propria salute e le proprie
capacità, alle comunità locali il controllo e la tutela del territorio, ad una cultura
ambientale e realistica condivisa l'indirizzo delle scelte produttive fondamentali.
Si può decidere, ad esempio, di agevolare l'autoproduzione agricola e tassare
l'allevamento industriale (il gettito fiscale servirà semplicemente a pagare i costi
sanitari di un'alimentazione carnivora), ma gli allevatori non saranno contenti. Si può
decidere di incentivare il ritorno alla terra delle nuove generazioni "semplicemente"
azzerando i costi notarili dei passaggi di proprietà, solo i notai ne avranno a male!
Sono tutte riforme possibili e ragionevoli, ma ciascuna vale l'inimicarsi di qualche
categoria, casta o interesse costituito. Ma i grillini possono farlo, visto che sono
stati eletti proprio per quello, per smantellare ogni sorta di monopolio e consorteria.
E' caduto il Vaticano, potremo anche permetterci di tirar via "le cose morte" come gli
ordini professionali e le licenze commerciali, via i privilegi dei notai, dei tassisti
e degli statali, basta col parassitismo e l'assistenzialismo, via i sindacati e la
cassa integrazione...
Ma questo significa far scontenti proprio tutti, significa che anche i grillini ed i
loro elettori, prima o poi, verranno toccati nelle tasche dalle loro stesse riforme. Ne
sono consapevoli?
Spero proprio di sì perché, dopo una prima entusiastica risposta populista, l'appoggio
può continuare solo da parte di un elettorato davvero motivato dall'interesse generale
della collettività, solo dunque da parte di chi abbia già rinunciato alla prospettiva
del privilegio.
Ma chi c'è oggi in Italia che possa dirsi fuori da questi giochi? Se assumiamo il dato
"fisiologico" che ogni adulto debba essere in grado di procurarsi da mangiare, allora
quel 97% di italiani non occupati in agricoltura sta già a dimostrare un privilegio, il
privilegio di mettersi fuori dal settore della produzione primaria, il privilegio del
proprio pezzo di carta. Li abbiamo fatti studiare... ed ora dobbiamo dargli un impiego,
anche se non serve, anche se finisce per diventare una croce per la vita di tutti i
giorni (chiunque ultimamente abbia fatto qualche lavoro in casa si è accorto che è
diventato un delirio in quanto a certificazioni e professionisti coinvolti).
Il rischio di questo populismo è solo quello di una nuova dittatura, una "dittatura
soft" come potrebbe esserlo quella del ceto medio: tutti che certificano tutti, tutti
che devono far valere il proprio titolo di studio... Peccato, avevamo appena cominciato
a renderci conto che l'ecologia significa rompere la sacralità e l'indiscutibilità del
prodotto di consumo e del lavoro per produrlo, quando ora ci accorgiamo che dobbiamo
dire lo stesso per la concezione della scuola e della cultura, e per l'idea di
privilegio che ne deriva!
Se il movimento 5 stelle non sarà capace di inscrivere i propri sforzi nel quadro di un
cambiamento complessivo, alla ricerca di un altro modello di vita che possa rispondere
alle richieste di giustizia ed ecologia che oggi cominciano a porsi in maniera
inderogabile, allora non potrà che limitarsi ad un "riformismo nordico", perché quello
è di fatto il modello.
Certo, ci siamo arresi all'efficienza delle rotonde stradali solo quando ci siamo
accorti che in Francia, in Svizzera e in Germania già le usavano da un pezzo, e così si
sono prodotti senza clamore tanti altri piccoli cambiamenti nella vita quotidiana.
Grillo d'altronde ripete spesso che non c'è da essere originali e basta guardare come
fanno "dove le cose funzionano".
Ma un modello  di riferimento c'è, ed è l'efficienza e la pragmaticità dei paesi
dell'europa settentrionale e di una cultura che non è il cattolicesimo che conosciamo.
Gli italiani potrebbero cominciare ad accorgersi che "l'europa è protestante", e che il
fatto di non sbandierarlo è proprio un tratto protestante!
Dovremmo però ammettere anche che il buongoverno che questi paesi dimostrano al loro
interno non corrisponde ad una giustizia internazionale (fanno parte dell'occidente
sfruttatore del terzo mondo anche i paesi scandinavi!), e che l'individualismo "spinto"
di quelle latitudini corrisponde ad un tasso di alcolismo che ha delle cifre assurde...
In sostanza, penso che potrò credere alla rivoluzione dell'"antipolitica" solo quando
sarà una rivoluzione nei numeri, solo quando vedrò che gli occupati in agricoltura
torneranno ad essere una quota ragionevole ed onorevole della popolazione italiana.

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