fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

domenica 10 giugno 2012

Considerazioni sulle ferite


In quanto a forma, il mio compagno ci ha dato. Scivola su di una lamiera e cadendo
se la infila alla base del mignolo. Ci starebbero due punti e un'antitetanica, ma
non riesco a convincerlo all'ipotesi di un pronto soccorso. Non pago, il giorno
dopo mi dice "vado a far girare Opera..." (giovane cavalla dal pessimo carattere),
dopo cinque minuti me lo trovo in cucina con una gamba sul tavolo e sul polpaccio
il segno del calcio: qui ce ne starebbero quattro o cinque di punti, oltre alla
solita antitetanica, ma me lo tengo per me e vado a prendere i cerotti.
Dopo una pulizia della ferita lo vedo offrirla all'attenzione della piccola Titti,
cagnetta ereditata da un amico defunto che da un'anno vive da noi: la cagnetta
annusa ma non lecca.
Prima considerazione: i cani sono coscienti della necessità della coagulazione.
Nei giorni seguenti la stessa cagnetta si applicherà con impegno a leccare le
croste del mio compagno, con un trattamento quotidiano che dura diversi minuti. E
di tutto rispetto dal punto di vista infermieristico, dato che dopo pochi giorni,
una settimana al massimo, le ferite sono completamente rimarginate e non hanno
comportato alcun fenomeno di infiammazione.
Che storia ha la cura di una ferita?
Attualmente non è più un problema, non si muore per un taglietto ma è difficile
tenere a mente che gli antibiotici sono arrivati solo alla fine della seconda
guerra mondiale. Senza quelli era il protocollo medico inglese, lavare le ferite
con una soluzione di acqua e sale, che aveva dato i migliori risultati anche se
relativi: nella prima e seconda guerra mondiale l'uso di bombe che producono
un'infinità di schegge faceva strage per i tanti che morivano di setticemia in
conseguenza di ferite anche lievi.
Se un salto qualitativo sono dunque stati gli antibiotici nel 1945, per trovare il
precedente dobbiamo arrivare indietro fino al dott. Cesare Magati (1579-1647)
che per primo ha avuto il coraggio di contrastare la tradizione di Galeno. Tradizione
che ha origine quindi nel II sec.dc e che prescriveva un accurato protocollo teso a
"far suppurare la ferita"!
Sì, suppurare: infiammare, infettare e provocare versamento di pus, nel senso non
di far uscire quello che c'è ma di generarne di nuovo e abbondante.
Per cui per quattordici secoli ligia ai sacri insegnamenti galenici, la medicina
ufficiale si era prodigata nel cercare le migliori ricette per la suppurazione:
apertura e lavaggi quotidiani, pezzi di stoffa imbevuti di questo e quello da
infilare nella ferita...
Evidentemente per quattordici secoli era la medicina ufficiale da considerarsi la
prima causa di morte, perlomeno tra i ceti abbienti cui era riservata... Il
tentativo reiterato di procurarti una setticemia, unita alla consuetudine di
pesanti salassi, doveva rendere molto pericoloso l'incontro con un medico!
Tornando quindi al nostro dott. Magati sembra che una volta, curata
eccezionalmente una popolana ed avendola poi trovata dopo alcuni giorni
perfettamente guarita, si stupì. Non del suo intervento, perché la popolana non
aveva certo seguito le sue indicazioni ed aveva fatto di testa sua, ma della
pronta guarigione! Si era reso conto che la ferita si era risolta così bene solo e
proprio perché la paziente si era sottratta alle sue cure.
Così Magati elabora un protocollo di pulizia e rispetto dei tempi fisiologici
della cicatrizzazione, che pubblica nel libro "De rara medicatione vulnerum", e
che è ancora valido oggigiorno: "pulire la ferita, avvicinare il lembi e coprire
con un panno di lino ripiegato, stringere poco le bende e lasciare il bendaggio 5
giorni prima di sostituirlo, consentire quindi la naturale rimarginazione della
ferita..."
Sorprendente è come questo benefattore dell'umanità non abbia nessuna notorietà.
Mentre in ogni città c'è una via dedicata a Cadorna (noto psicopatico che con le
sue famose "undici spallate" ha mandato a morte centinaia di migliaia di giovani
italiani nella prima guerra mondiale), io sono riuscito a trovare solo un ospedale
intitolato al dottore e frate cappuccino Cesare Magati: a Scandiano, il suo paese
natale in provincia di Modena.
Quattordici secoli di ossequio ad una tradizione criminale! Come sembra difficile
per l'umano capire qualcosa di se stesso, eppure... sarebbe bastata l'osservazione
della cura che ha un cane per le sue ferite!

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