Il mio lavoro di Operatore Socio Sanitario si è interrotto bruscamente. Da quando mi sono rifiutato di continuare a fare un tampone ogni mese, sono stato sospeso da quel servizio. Ovviamente accesso negato alla struttura e non ho neppure più avuto modo di salutare i miei utenti...
Comunque, anche se nel pubblico impiego ancora non rischiamo il posto, la nostra professione l'abbiamo persa, per legge? per sempre?
Eccomi dunque demansionato a "prendere la temperatura" nell'atrio degli uffici centrali: in attesa di destinazione! Tempo per pensare e per tornare, costretto dagli eventi, alla politica.
Ecco il frutto dei miei pensieri, la lettera è rimasta affissa, di fianco alla macchinetta del caffè, solo dieci minuti perché mi hanno subito detto che non c'era spazio per comunicazioni personali tra colleghi...
<<Care colleghe e cari colleghi, vorrei presentarmi perché non tutti mi conoscete (…)
In venticinque anni di esercizio di questa professione ho
usato altre volte l’istituto del trasferimento come strumento consapevole e
concordato per indirizzare il mio interesse professionale.
Questa volta no, non sono qui per scelta ma per effetto di
questo modo emergenziale di affrontare un virus. La questione riguarda tutti:
nessuno è esente dalla paura, e nessuno può dirsi così sano da non sentirsi
interpellato. Ma dopo un anno e mezzo di questo vivere paradossale dovremmo
essere in grado, e proprio noi professionisti del sociale e del sanitario, di
iniziare una riflessione su quanto stiamo vivendo.
Il tema è quello sociale e politico dell’imposizione
terapeutica: è compatibile col vivere democratico?
Il tema è quello scientifico: da quando nel dopoguerra
abbiamo avuto gli antibiotici abbiamo purtroppo anche cominciato ad abusarne,
vogliamo fare lo stesso coi vaccini?
Il tema è quello della cautela: vogliamo davvero fare le
cavie di un esperimento genetico dove inoltre lo sperimentatore ha un evidente
conflitto di interessi?
Il tema è filosofico ed intimo al contempo perché qualunque
forma di imposizione è incompatibile col termine salute, perché la salute non
può arrivare da fuori ma solo essere il frutto di un apparato immunitario
correttamente coltivato e di uno stile di vita che abbiamo tutti da ripensare…
e questo sì, finalmente, come portato a suo modo positivo di questo virus.
I temi di riflessione qui lanciati sono alti ed in certo
modo astratti, è vero, ma la concretezza della crisi economica in arrivo, la
perdita di così tanti posti di lavoro ed il dolore per le troppe vittime di una
sanità impazzita e di terapie forse sbagliate… tutto questo è materiale di una
discussione urgente che mi piacerebbe iniziare qui con voi.
Torino, maggio 2021
>>
<< Ti ringrazio di aver fatto girare queste mie parole sulla
mail del lavoro, adesso sì che mi sento ascoltato...
Comunque adesso vorrei che si parlasse del virus e non di me.
Per esempio sarebbe bello raccogliere e far girare del materiale
"ottimista", utile sia per i colleghi che per l'utenza, come ad
esempio le associazioni di medici che offrono terapia domiciliare, l'elenco
delle terapie disponibili alternative all'intubazione, un commento serio dei
numeri e delle dimensioni del fenomeno quanto dell'effetto distorsivo dei
media... etc.
Ed ancora una riflessione: lavorando noi proprio nel settore
della debolezza, del bisogno, dovremmo avere una particolare attenzione al tema
della gestione della paura, individuale, sociale, di tutti i tipi: in fondo dal
linciaggio di un individuo alle camere a gas collettive sono tutti esempi di
come la paura può sfuggire e provocare tragedie.
Buonanotte >>
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