fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

lunedì 16 luglio 2012

Terra viva

Sono un insediato recente: il canavese, la zona in cui mi sono trasferito, nemmeno se n’è accorto, ma abito al "Grangiun" da novembre del 2011, ed ho davanti a me quasi 2000 mq di terra pianeggiante ed argillosa da
utilizzare nel modo più ragionevole. Questa primavera, nell’intento di dotare la casa di un embrione d’orto, oltre a fare tesoro delle esperienze simili a me più vicine, sono incappato in una pubblicazione fresca di stampa: "Alle radici dell’agricoltura"  di Luigi Manenti e Cristina Sala. Gli autori, anch’essi piemontesi, sono titolari di un’azienda orticola che da trent’anni produce con i metodi dell’agricoltura biologica.



Il libro è costituito da tre parti: un’introduzione con una panoramica sull’agricoltura odierna, di cui presenta le principali problematiche tecniche, ecologiche ed economiche attuali; una seconda parte di descrizione per punti del metodo di coltura da loro adottato, preceduta da un capitolo sulla micorrizazione delle piante;
un’appendice scientifica di approfondimento.
Il punto fondante del “metodo Manenti” (che fa esplicito riferimento a Fukuoka) è la constatazione (suffragata dalle analisi chimico-biologiche) che l’equilibrio virtuoso che garantisce fertilità costante nel tempo e una produzione abbondante e di qualità, è mantenuto senza alcun apporto di sostanza organica, bensì favorendo l’accumulo di humus stabile nel suolo. Ed è proprio il reticolo di ife dei funghi a costituire la maggiore componente di biomassa del terreno. In particolare, a determinare abbondante produzione orticola
di qualità, buona resistenza alle fitopatologie e mantenimento di un’alta fertilità del suolo, concorrono in modo determinante i funghi micorrizici. Si tratta di un’ampia gamma di organismi aerobi che popolano in modo capillare il suolo, stabilendo una simbiosi (detta appunto micorriza) con la quasi totalità delle piante annuali e
perenni. I funghi in questione fissano i minerali presenti nel suolo in una forma facilmente assimilabile dai vegetali, i quali in cambio cedono zuccheri ai funghi. Il metodo adottato dagli autori è dunque volto a favorire l’instaurarsi del legame fungo-pianta, così comune negli ambienti selvatici - e viceversa compromesso sia
dall’agricoltura convenzionale a base composti chimici vari, sia da quella più “sostenibile” che adotta concimi ed ammendanti organici senza rispettare stratificazione del terreno ed equilibrio tra microrganismi aerobi ed anaerobi. L’argomentazione è chiara e convincente, e tra l’altro è una sorta di “convalida scientifica” all’agricoltura realizzata da Fukuoka nel secolo scorso: micorriziamo allora!
Ma torniamo al Grangiun. Mi ritrovo sotto i piedi la terra più comune in quest’area di piemonte (e chissà quanto diffusa altrove!). Al di sotto di un sottile strato di suolo “vivo” (10 cm circa), si trova una lama di argilla pressoché pura, trasportata dal vento quando l’uomo non c’era ancora ed accumulatasi in modo diseguale a formare spessori che qua e là arrivano anche a diversi metri. Davanti a casa mia ce n’è almeno tre metri (abbiamo sondato con la draga durante i lavori di ristrutturazione della casa). La vegetazione spontanea insediatasi negli anni dell’abbandono era costituita da acacie, rovi e caprifoglio (un rampicante invasivo). Con un terreno duro e pesante come l’argilla, che si inzuppa d’acqua durante le piogge e ne favorisce il ristagno, sono molto lontano dall’avere un ambiente colonizzabile dai funghi.
Forse, semplicemente un metodo del genere si va applicato laddove un terreno “da orto” (ovvero drenante, morbido e sciolto) è già presente, ancorchè impoverito , squilibrato o bisognoso di costane apporto
organico. Occorre fare diversi passi indietro e alterare la composizione stessa del terreno, per renderlo drenante ed areato quanto occorre allo sviluppo di vita aerobica (quella che interessa l’orticultore).
Vista la condizione pesante del terreno si è preferito non intervenire su di esso ma usarlo come semplice supporto di un orto rialzato, di per sé garanzia  di un buon futuro drenaggio.
Con il legname di scarto del cantiere, ritagli di assi di abete, pallet, segatura, interi travi marci del tetto... è stato creato un sottofondo di almeno 70-80 cm.


Ho avuto poi la fortuna di intercettare una camionata di terra limosa che ho sparso sul legname.



Successivamente ho realizzato prode con inserimento di un cordolo di letame di cavallo e terriccio superficiale del bosco, un misto di foglie scarze e rametti.
Certo, per ora sono solo 50 mq, ma che mi stanno dando risultati apprezzabili già al primo anno, in una stagione difficile, molto piovosa e con ritorni di freddo.
Molte cose sono da migliorare, ma mi è sembrato di veder confermate nella pratica le teorie presentate in questo libro. La terra del mio orto è ancora pesante, ma l'averlo rialzato dal piano di campagna gli ha permesso di superare il lungo periodo di pioggia e la presenza di legname marcescente interrato ha innescato, testimone la presenza di funghi, i meccanismi di micorrizzazione che sono l'oggetto dello studio preso in esame.
Se devo fare una critica a questo libro, ma è una critica ai manuali di orticoltura in genere, è di occuparsi dell'agricoltura solo da un certo punto in là.
Certo, chi capisce che la terra è un utero al quale affidiamo il seme non ha difficoltà a capire anche che su di un utero non è bello posare le ruote di un trattore, rivoltarlo ossessivamente con il motocoltivatore o zepparlo di chimica. Ma quello che ho davanti a casa non è un utero, o almeno non lo è ancora: è terra da mattoni!
Ho visto quest'anno i miei amici, che gestiscono questo blog, inserire trifoglio (varietà nana che si è rivelata tuttaltro che nana e che ha prodotto più danni che vantaggi: ricordatevi di chiedere non il trifoglio nano ma le varietà "nanissime") ma solo dopo un lavoro sull'argilla iniziato 8 anni fa con l'inserimento iniziale di grandi quantità di legno. Solo adesso la loro terra è "da orto" e possono permettersi di iniziare ad applicare le indicazioni scientifiche evidenziate in questo libro.

Ciao, Stefano

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