fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

martedì 12 febbraio 2013

Vivere di guerra


"Ciò che Blerime doveva fare, come ogni donna, era proteggere l'uomo. Lei era la 
custode della vita di Fatmir, lui era l'uomo per il fucile, l'erede, la speranza."

"Che fai adesso Valmir, amore? Sei contento di tutto questo? Ajkana l'ha amato da 
sempre, da prima ancora di conoscerlo. E' una donna dei Balcani, ama in maniera troppo 
integrale, quasi distruttiva."

Elvira Dones, "Piccola guerra perfetta", Einaudi 2011

- Siamo nel 1999, in Kosovo, da una parte i serbi di Milosevic che puntano alla pulizia etnica, dall'altra parte i kosovari di Rugova con le azioni non violente ma anche i terroristi dell'uck. L'intervento delle forze Nato non impedisce il massacro locale: 13000 vittime in tre mesi di conflitto. La pace raggiunta, oggi è di nuovo in discussione; la regione è un porto franco dominato dai clan, dai trafficanti di droga e di armi; un angolo di europa dove il turismo è interdetto.



L'inquinamento come la guerra sono responsabilità di un corpo sociale complessivo,
fatto di uomini e donne e dei loro rapporti.
Quando le etnie si incontrano è venuto meno, per ragioni geografiche evidenti, il
fattore ambientale che le ha conformate e l'unico legittimo a giustificarle.
Fuori dal contesto ambientale originario, un'etnia migrante ha un unico compito:
maturare in fretta in necessario lutto per le terre abbandonate e per i motivi di tale
decisione, e dissolversi tra le popolazioni che l'hanno accolta per acquisire la nuova
forma locale. L'ospite dal canto suo raccoglie una ricchezza: la possibilità di
rinsanguarsi con esperienze diverse dalla propria.
La percentuale dei matrimoni misti in un fenomeno migratorio è indicativo della
propensione di un certo gruppo ad integrarsi o a conservare la propria "tecnologia"
nel nuovo contesto. La poca propensione delle donne in particolare segnala una forte
etnicità. Questa è basata sulla forza del legame famigliare e quindi sul tipo di
relazione fra donne e uomini di quell'etnia.
Negli esempi citati vediamo la forma d'amore possibile nei Balcani, ma che forse è la
stessa "passionalità" che troviamo in posti come l'Afganistan o la Palestina.
Quando una crisi di qualsiasi natura leva altre ragion d'essere, resta in gioco solo
l'etnicità: le donne ribadiscono la loro centralità e "tirano acqua al loro mulino",
alla propria famiglia, al proprio clan... e i maschi fanno il macello! E si scopre che
si può vivere di guerra, di uno stato perennemente conflittuale, di aiuti
internazionali e di soldi sporchi, di armi e di droga. L'alternanza di governo diventa
una successione di reciproci genocidi. La moria di bambini è il tragico ma inevitabile
risultato di quel gioco tra il maschile e il femminile, quel gioco che i bambini
avrebbe dovuto farli. Quando il familismo vince, soffoca la prole. La struttura
sociale dovrebbe essere strumentale a produrre individui, non a soverchiarli!
Nella prefazione di questo piccolo libro, che è sicuramente un lavoro ben fatto e
riuscito, Roberto Saviano non ha saputo cogliere il pregio che pure aveva sotto gli
occhi: efficacemente descritta è quella "passionalità" esasperata, estrema e forse
infine retorica che ingenera la guerra e l'alimenta. Ma d'altronde era quanto era
riuscito a fare anche col suo Gomorra: descrivere l'orrore dei risultati, incapace di
vedere le forme del desiderio che li producono.
Nel fare un monumento all'urlo della vittima, la si uccide due volte: per quanto
doloroso sia affermarlo, lo strazio umano può trovare risposta solo nel
ricongiungimento dialettico col suo carnefice.

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