fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

venerdì 8 febbraio 2013

Architettura ormonale


Potrebbe essere interessante chiedere a cento architetti neolaureati qual'è, a loro
avviso, lo spazio abitabile necessario all'italiano medio.
Posso immaginare che diversi si farebbero lo scrupolo di stabilire una soglia... anche
se, probabilmente, ben maggiore degli 8mq procapite stabiliti dalle organizzazioni
internazionali per la ricostruzione dell'afganistan; posso immaginare che altri invece
considerino ragionevole la formula "più soldi, più spazio"... tendente ad infinito! Ho
l'impressione però che tutti e cento considererebbero sempre lo spazio come "positivo":
spazio per l'espressione umana, dove è la distanza dall'altro che permette la crescita
personale.
Mi passa la serata nel cercare su google concezioni diverse di spazialità in altre
culture. Vi offro il raccolto.
Cominciamo con l'oriente e con la cultura Moso, una minoranza etnica dell'ovest della
Cina.
<< L'istituzione del matrimonio per loro non esiste, la famiglia è concepita in modo
totalmente diverso dal nostro, è costituita dai discendenti del ramo materno
appartenenti ai due sessi, solo questi sono considerati consanguinei, mentre il padre
naturale dei bambini appartenenti alla famiglia materna ne è escluso. Il contatto con
l'altro sesso non manca, anzi, ma è per questo più armonioso. A tredici anni le ragazze
hanno il rito di passaggio e in quell'occasione viene data loro la chiave di una
propria stanza chiamata 'la stanza dei fiori' dove potranno avere incontri amorosi, non
necessariamente sessuali, quando lo riterranno opportuno, in genere a partire dai
quindici anni in poi. Gli incontri avvengono di sera e di notte e al mattino ci si
saluta per vedersi la sera dopo. Se le cose vanno bene può andare avanti così tutta la
vita, se no ci si lascia senza tragedie. La gelosia è considerata una cosa di cui
vergognarsi, molto più dell'infedeltà. >> (da una presentazione dell'autrice di “Benvenuti nel paese delle donne”, Francesca Rosati Freeman - XLedizioni, 2010)
Ecco che si apre uno spiraglio a relativizzare la nostra abituale concezione dello
spazio, una concezione puramente quantitativa e limitata perché riferita ad un corpo
astratto dal desiderio, senza età e senza ormoni. Non è così ovunque: come abbiamo
visto, le donne Moso alla pubertà ricevono una stanza che permette loro di relazionare
con uomini che non alleveranno i loro figli, gestiti invece dalla madre e dai suoi
fratelli. Vi sembra una stanza come le altre?
E in Africa, vi sembra una casa come le altre quella costruita dagli anziani Masai, una
casa che ospiterà per sei mesi i ragazzi di ambo i sessi ed i loro esperimenti di
relazione durante il rito di passaggio all'età adulta?



Il concetto di nido, nel mondo animale, non coincide con quello di residenza. Il nido è
per la prole, è costruito per un certo momento dello sviluppo, e verrà rifatto ad ogni
stagione. Un nido tra i rami è a tutti gli effetti un esempio di "architettura
ormonale".
Le nostre case invece sono proprietà immobiliari, patrimoni di famiglia. Rispondono
principalmente ad una funzione di capitalizzazione, servono a darci un vestito
identitario e sicuramente non sono uno spazio relativo al nostro corpo nelle sue
diverse età.
I bambini hanno l'esigenza di far gruppo e vivere in una dimensione collettiva. Ma
nell'umano, purtroppo, non è la cucciolata che decide il suo spazio. Un bambino potrà
sperimentare la socialità all'asilo ma non nella quotidianità del suo branco, e come
riconoscimento non del suo bisogno ma di quello dell'adulto: socializzato per
consentire ai genitori di andare a lavorare...
E poi il bambino cresce. La "cameretta" dell'adolescente può perdurare in Italia fino a
che "l'adolescente" non ha quarant'anni e oltre... invalidando così il campo
relazionale di un soggetto che non vive, di fatto, ma soltanto falsifica un'autonomia.
E ancora, per la vecchiaia non è prevista alcuna fisiologica riduzione dello spazio. Si
verifica piuttosto un "colonialismo" a casa propria, dove il badante extracomunitario
abbandona il suo branco per garantire a noi la falsificazione di una famiglia!
Questa è l'esperienza dello spazio che può avere la modernità!
Possiamo immaginare uno spazio di altra natura? Certo, ma non possiamo partire
dalla famiglia, dobbiamo partire dal nostro corpo e seguirlo nel suo sviluppo.
Nel periodo dell'allattamento lo spazio non ha da esserci, latte e identità sono la
stessa cosa per un neonato: "essere e tetta" coincidono.
Nell'infanzia invece, trovarsi soli faccia a faccia con i genitori non può che essere
vissuto come deprivazione. Lo scrittore africano Sowinka, in "Infanzia", racconta della
vicina di casa come della vera mamma: si erano trovati e si erano piaciuti. Un bambino
non ha mai troppo affetto... non avete mai provato a giocare con una cucciolata di
cani?
E ancora la pubertà, che deve essere sancita da uno spazio personale strutturato per la
completa autonomia: letto, bagno, angolo cottura. Venti metri quadri autogestiti, per
un individuo nei suoi esperimenti di relazione. E se quella stanza è troppo onerosa per
i genitori...? Ci si dovrebbe chiedere allora perché nella nostra cultura non siamo in
grado far coincidere pubertà ed autonomia, ma questo è un altro discorso.
Possiamo dunque immaginare adulti non edipici che offrano spazi sociali per i bambini e
spazi di autonomia per gli adolescenti, il tutto bilanciato dalla riduzione
all'essenziale dello spazio per i vecchi. Cosa resta da computare?
Sorprendentemente, non resta nulla. L'uomo adulto va riconosciuto per quello che è: un
adolescente che va perdendo i pezzi... e che non ha ancora acquisito l'esperienza
dell'anziano! La costruzione sociale dell'importanza dell'uomo adulto è un tratto
antivitale della nostra cultura.
Se le fasi d'età vengono rispettate e viene loro riconosciuta l'esigenza di spazi
dedicati e specifici, allora lo spazio dell'adulto, la dimensione della coppia o della
famiglia, si rivela essere una questione puramente identitaria: spazio dimostrativo e
non creativo.
Pensate al disomogeneo, personalistico e ipertrofico panorama di villette italiche e
confrontatelo, per esempio, con la società giapponese ed i suoi canoni abitativi. Non è
un caso se in Giappone, dove l'adulto è scarsamente considerato rispetto al bambino o
all'anziano, la dimensione delle abitazioni è minima, almeno rispetto ai nostri
standard, tanto da immaginare con difficoltà di poterci vivere dentro...

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.