fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

martedì 10 aprile 2012

Walden? Che palle!!!



Walden? Che palle!!!
Quella roba dovrebbe essere il mito del mainstream ecologico? Bersi Thoreau è come bersi la coca cola! Americana, o meglio protestante, come "protestante" è il posizionamento del soggetto moderno toutcourt (nei termini di una religione che ha perso le insegne storiche per tradursi nella versione laica dell'individuo asociale che trova sfogo al supermercato e spera che poi la scienza lo salverà dagli eccessi... ma per questo leggete Stato di Grazia!).
Tutta questa ricerca di selvatico fa sospettare soltanto una grossa difficoltà a stare con gli altri, ma proviamo a partire da un'altra definizione di natura:

La natura è "la realtà non mutuata dal privilegio".

Nella natura l'umano può esprimere la sua vocazione sociale; lo stare su di un piano di realtà è condizione per l'incontro: prendersi cura di un pezzo di terra, costruirsi un nido ragionevole, coltivarsi qualcosa, fare legna... il tutto misurandosi necessariamente con le proprie capacità ed i propri limiti.
E' sul piano dei fatti che si decide se l'incontro è realmente solidale e creativo, "gratuito" nel senso di reciproco interesse o meglio, di interesse comune nell'adesione alla realtà. Nella natura possiamo verificare tutte queste cose, in città no. In città tutto è organizzato per garantire al cittadino individualista la sua splendida solitudine...
Attenzione perché Thoreau rivendica alla collettività (non a me personalmente ma ad un qualcosa di astratto, sopra di me) il suo non aver bisogno di me, il suo individualismo. Andare a vivere due anni nel bosco per dimostrare a tutti di non aver bisogno di nessuno: questo dicono essere il mito di generazioni di ecologisti, questo sembra promettere una partecipazione spirituale con la natura.
In realtà questo  ha solo regalato agli americani la tradizione della gita nel bosco, del campeggio, così come in europa tutta la mistica di scalare le vette (tutte cose che non hanno portato ne' gli uni ne' gli altri ad essere meno imperialisti). In questa natura il moderno può al massimo cercare una sorta di "conferma estatica" del proprio individualismo, col risultato di poterlo così ritenere normale.
Questo parlando di natura, ma Thoreau è anche il padre della disobbedienza civile. In lui hanno trovato riferimento le lotte pacifiche di M.L.King e di Ghandi. In effetti non possiamo che condividere la sua considerazione della vita civile come "il solo espediente attraverso il quale gli individui dovrebbero riuscire, di buon grado, a non disturbarsi l’un l’altro; e, come è stato detto, quanto più il governo è efficace tanto più i governati sono lasciati liberi e indisturbati."
In pratica come funziona? In una collettività che s'affida al criterio della maggioranza perché non sa più decidere cosa è giusto fare e cosa sbagliato, spetterebbe a lui spiegare su cosa fonda invece il suo convincimento di essere nel giusto, convincimento per il quale chiede uno statuto speciale: coloro che ritengono di essere nel giusto non dovrebbero "aspettare fino al momento in cui saranno in maggioranza di un voto, prima che sia concesso loro il diritto di prevalere attraverso il numero. Io penso che sia sufficiente che essi abbiano Dio dalla loro parte, senza attendere nessun altro. Inoltre, qualsiasi individuo che è più giusto dei suoi concittadini costituisce già di per sé una maggioranza di uno." (dal pamphlet "Sul dovere della disobbedienza civile", 1848).
Se questa è tutta la profondità di giudizio che riesce ad esprimere il cittadino-Thoreau come non sostenerlo nella sua "giusta" pretesa di saltare la fila e passare davanti a tutti?!
Ma al di là delle sue posizioni morali ottocentesche, la disobbedienza non funziona. In pratica si risolve nel procurare comodità e vantaggio nei confronti dell'autorità e della gestione della forza pubblica. Di fatto l'obiezione di coscienza ha offerto alle ultime generazioni la comodità di non doversi occupare di una cosa sporca come la gestione della violenza: paghiamo qualche mercenario e li mandiamo al nostro posto a far guerre di cui possiamo anche perdere il conto...
La disobbedienza come pratica politica nelle lotte d'emancipazione ha permesso tutt'al più degli accomodamenti: i neri americani possono oggi competere lealmente coi bianchi nella corsa ad una piena americanità, cioè a quel tenore di vita che non può che gravare sulle spalle di qualcuno. I neri si sono sottratti allo schiavismo ed ora condividono equamente la responsabilità dell'imperialismo o dello sfruttamento ambientale necessari a mantenere l'obesità di un moderno stile di vita.
L'india si è sottratta al colonialismo ed ora può competere come indipendente nazione industriale alla rincorsa dell'inquinamento globalizzato...
La disobbedienza non funziona perché non è sottraendosi ma facendo qualcosa di alternativo, coltivando la propria autonomia, che si diminuisce il potere dello stato. Ed il coltivare la propria autonomia è proprio quanto un ideologo come Thoreau riesce a fraintendere nel concetto di rivendicare il proprio individualismo. E dove, più grave ancora, quel fraintendere non solo falsifica un concetto me ostacola ogni ricerca di un'ipotesi alternativa. Questo intendo quando in Stato di Grazia richiamo questi ed altri "fraintendimenti" a proposito dell'america: l'imporsi della modernità come religione non si fa più attraverso l'imposizione di dogmi, ma di "fraintendimenti".
Bisognerebe ancora dire di Thoreau trascendentalista, ma di questa corrente filosofica e del suo legame col variegato panorama new-age torneremo ancora a parlare. Qui ci basta dire che il problema di Thoreau non era dunque il suo rapporto con la natura quanto la sua partecipazione al mondo umano. Thoreau avrebbe dovuto spiegarci il nuovo soggetto alla ribalta: quell'uomo "imprenditore della modernità" che, dialetticamente, stava sviluppando tutta questa voglia di campeggio e di passeggiate domenicali per i boschi!
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Forse non di un mito abbiamo bisogno, ma d'esempi umani che ci rassicurino della nostra, di umanità. Qualcuno che semplicemente sveli, a noi moderni alienati, la realtà e la consistenza di quel nucleo caldo vivente che ci anima in forma di umani, e che tutti abbiamo la possibilità di riscoprire sotto gli abiti più pesanti di qualunque civiltà o cultura. Faccio un esempio:

<< Ascoltami, Michael. Sono il solo che ti può salvare. Il solo che vede in te l'essere unico che sei. Il solo a cui stai a cuore. Il solo che non ti considera né come un caso facile adatto a un campo leggero né come un caso difficile da spedire in un campo duro, ma come un'anima al di sopra e al di là di ogni possibile classificazione, un'anima felicemente fuori dalla dottrina, fuori dalla Storia, un'anima che cerca di sbattere le ali dentro un rigido sarcofago, che mormora qualcosa dietro una maschera da buffone. Sei prezioso, Michael, per come sei. Sei l'ultimo della tua specie, una creatura sopravvissuta da un'era precedente, come la latimeria o l'ultimo uomo che parla yaqui. Noi siamo tutti precipitati dentro il calderone della Storia, solo tu, seguendo la tua luce idiota, aspettando il tuo momento in un orfanotrofio (chi avrebbe pensato proprio a quello come a un rifugio?), sfuggendo alla pace e alla guerra, aggirandoti furtivo all'aperto dove nessuno si sarebbe sognato di cercare, sei riuscito a vivere in questo modo antico, lasciandoti scivolare nel flusso del tempo, osservando le stagioni, non cercando di cambiare il corso della Storia più di quanto non faccia un granello di sabbia. Dovremmo apprezzarti e celebrarti, dovremmo mettere i tuoi vestiti su un manichino in un museo, i tuoi vestiti e anche il tuo pacchetto di semi di zucca, con un'etichetta; ci dovrebbe essere una targa infissa sul muro dell'ippodromo a commemorare la tua permanenza qui... >>

Questo è Michael di Coetzee (J.M. Coetzee "La vita e il tempo di Michael K" Einaudi 2001), ma quanti Michael K. ci sono al mondo che attendono, con pazienza, che questa brutta Storia finisca il suo corso?
Non c'è bisogno di trasformarli in nuovi miti, basta sapere che quella forma, quella "base minima di umanità", tutti ci accomuna. Ci basta sapere che possiamo tornare ad esserne consapevoli, al solo prezzo di quel poco di salute sufficiente ad ammettere il dolore dei nostri limiti, ad avere pietà di noi stessi.


La vita e il tempo di Michael K.


<< - E adesso come facciamo per l'acqua? - lui, Michael K, avrebbe tirato fuori un cucchiaino dalla tasca. Un cucchiaino e un lungo spago arrotolato. Avrebbe liberato la bocca del pozzo dalle macerie e avrebbe piegato il manico del cucchiaino in modo da formare un anello a cui legare lo spago. Poi l'avrebbe calato nella terra in profondità e, quando l'avesse tirato su, ci sarebbe stata acqua nel cavo del cucchiaio. E così, avrebbe detto, si può vivere. >>

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