fondamentalismo della modernità

"Potremo esultare alla morte di dio
solo quando avremo un'alternativa all'individualismo."

giovedì 22 ottobre 2015

E' possibile avere una società libera e insieme consapevole?


La modernità rappresenta il matrimonio fra liberismo e consumismo: l’imprenditore saccheggia il mondo per foraggiare la massa consumatrice.
Questa sciagurata unione ci ha però regalato anche qualcosa: la modernità libera l’individuo dalle vecchie strutture famigliari e tradizionali, la piena cittadinanza è il portato positivo dei regimi democratici.
Purtroppo quest’individuo è stato liberato in pessime condizioni di salute, in condizioni cioè di individualismo, castrato sotto il profilo sociale, empaticamente deprivato, tendente all’autolesionismo, all’autismo e, soprattutto, alla bulimia consumistica compensatoria di tale stato alienato.
Due secoli di sforzi democratici hanno quindi corrisposto al rapido sviluppo dell’industrializzazione e all’improvvisa fiammata di buona parte del carbonio fossile dell’intero pianeta.
Ora, di liberismo abbiamo già parlato: le scelte dell’imprenditore non possono essere considerate scelte personali, perché hanno ricadute per tutti e dunque, per questo, pubblicamente vanno valutate. Libera impresa allora, ma nei vincoli dell’interesse collettivo, esplicitando a bilancio i costi sanitari ed ambientali e sottostando ad una magari anche forte tassazione compensativa sui consumi (oggi tassiamo il lavoro!).
Qui mi interessa invece considerare la posizione del consumatore, perché è sua la scelta, questa prettamente individuale (nei costi come negli effetti, almeno in prima battuta), che va a comporre i comportamenti di massa che ci stanno inquinando. Perché, se diamo per acquisita la libertà di ciascun adulto di fare le sue scelte, giuste o sbagliate che siano, allora dobbiamo riconoscere a quelle scelte l’importanza di un voto alle urne: gli italiani continueranno a consumare cosa e quanto hanno democraticamente scelto di consumare!
E allora, davvero non saremo in grado di cambiare nulla neanche di fronte alla malattia conclamata?
Probabilmente i costi crescenti di una crisi variamente coniugata – climatica, economica, sanitaria, sociale - potrebbero costringerci a fare con tutto come con le sigarette - IL FUMO UCCIDE - ricordare cioè, nero su bianco, la necessità di una valutazione dei rischi.
Vinta una per una ogni resistenza di categoria, le confezioni dei prodotti si copriranno di avvertenze: etichette sui rischi sanitari del vino, del latte, del caffè; di alcuni prodotti magari si impedirà del tutto la commercializzazione (lo zucchero non ha nessuna giustificazione ed è un disastro dal punto di vista delle spese mediche correlate, tra cure dentistiche e diabete invalidante), mentre di altre si consiglierà un uso ragionevole (l’olio di oliva di per sé è un ottimo prodotto che, se ne usate solo una bottiglia all’anno, diventa anche economico).
Non penso però che servirà un gran che, le informazioni sono tutte disponibili da tempo ed oggi, con internet, tutti possono trovarle. Penso semplicemente che quella consumistica sia già una scelta, a suo modo, consapevole ed orientata. Orientata purtroppo nel verso di una libertà individualistica, astratta, non coniugata in alcunché. Una libertà da e non una libertà di o per fare qualcosa in positivo.
Questa libertà è probabilmente ciò che tanti migranti dall’Africa islamica vengono a cercare in Europa ed apprezzano. Quando però i loro figli trovano il nulla, nei centri commerciali e nelle periferie consumistiche delle nostre città, molti provano a difendersi ripescando il fondamentalismo della vecchia religione, con tutto l’odio e la violenza che autorizza. Paradossale e grottesco il risultato: il suicidio del martire al supermercato, in mezzo alla folla dei consumatori autolesionisti che stanno coltivando il loro personale cancro con il carrello della spesa!
E’ ambigua allora, questa libertà scoperta dall’occidente: ne siamo andati fieri come fosse la prova di un inevitabile progresso della storia, quando invece e banalmente ha rappresentato solo il cedimento di precedenti rigidezze, la libertà come condizione indispensabile all’economia di mercato.

Ne siamo però l’avanguardia: questa “libertà da convalescenti”, ancora fragile e incerta, è stata pagata a caro prezzo con i nostri corpi e con l’ambiente di tutti, e questo ci apre la prospettiva e insieme la responsabilità di usarla per cercare altre strade.